La Musurgia Universalis di Athanasius Kircher

Aspetti della combinatoria nel Seicento: l'ars magna al servizio dell’arte.

Nel pensiero del Seicento la combinatoria e gli studi ad essa relativi occuparono un posto non secondario:[1] l'ars combinatoria era considerata estremamente utile in quanto consentiva di numerare tutti i modi in cui un insieme di elementi poteva essere mescolato, ordinato o sottoposto a selezione.[2] Le considerazioni di carattere matematico erano largamente strumentali ai progetti di fondazione di una enciclopedia del sapere intesa non tanto come catalogo alfabetico delle conoscenze, quanto come sistemazione di dette conoscenze in una compagine che, rispecchiando in sé l’ordine dell’universo, assumesse valenze cosmologiche: l’arte combinatoria veniva quindi ad essere interpretata come strumento per collegare fra loro tutte le parti dello scibile.[3] Il gesuita Kircher fu uno dei più celebri esponenti di tale tradizione enciclopedistico-combinatoria, la quale, niente affatto secondaria nella storia della cultura del suo ordine, si muoveva nella cornice del neoplatonismo rinascimentale subendo le suggestioni perenni dell’ermetismo.[4]

Kircher fu uomo di primo piano nella vita culturale del suo tempo.[5] Sostenitore di un ideale unitario del sapere travolto dalla specializzazione crescente nel mondo delle scienze, era affetto da una certa dose di superficialità e credulità nei confronti delle proprie fonti: in possesso di una sintassi latina non certo scorrevole, spesso disorganico e rapsodico nell’esposizione, fu autore di oltre quaranta opere dedicate ai più vari argomenti, pressoché dimenticate dagli studiosi moderni. Opere dimenticate a torto, voglio aggiungere: i limiti di Kircher non possono certo essere negati, ma le sue pagine meritano di essere studiate, non fosse altro per l’attenzione che seppero suscitare quando furono pubblicate.

Kircher dedicò alla combinatoria un’opera pubblicata ad Amsterdam nel 1669: l'Ars Magna Sciendi sive combinatoria.[6] Sulle tracce di Raimondo Lullo,[7] egli ricercò le vestigia di un linguaggio universale che, attraverso le più complesse operazioni combinatorie, consentisse di individuare una via per risalire al divino archetipo. Non gli furono indifferenti le speculazioni combinatorie dei cabalisti, alla cui base stava la convinzione che l’intera sequenza di lettere della Torah nascondesse (infinito anagramma) il vero nome di Dio.[8]

L'Ars Magna Sciendi non è l’unica opera in cui Kircher fece riferimento alla combinatoria: anche in campo musicale se ne trovano interessanti applicazioni; in tale contesto Kircher dedicò diverse pagine agli aspetti strettamente matematici della questione. In questa direzione concentreremo la nostra attenzione: facciamo un passo indietro.

Nel 1650 Kircher pubblicò a Roma la Musurgia Universalis, opera monumentale (1152 pagine in folio) dalle aspirazioni enciclopediche, come denuncia ampiamente il titolo completo, che così dichiara: Musurgia Universalis, sive Ars Magna consoni et dissoni in X libros digesta. Qua Vniversa Sonorum doctrina, et Phylosophia, Musicaeque tam theoricae, quam practicae scientia, summa varietate traditur; admirandae Consoni, et Dissoni in mundo, adeoque Universa Natura vires effectusque, vti noua, ita peregrina variorum speciminum exhibitione ad singulares usus, tum in omnipoene facultate, tum potissimum in Philologia, Mathematica, Physica, Mechanica, Medecina, Politica, Metaphysica, Theologia aperiuntur et demonstrantur (Musurgia Universale, ovverosia Grande Arte della consonanza e della dissonanza distribuita in dieci libri, nella quale sono esposte con grandissima varietà la Completa Teoria e la Filosofia dei Suoni e la scienza musicale tanto teorica quanto pratica; vengono resi manifesti nei dettagli i poteri e gli effetti della Consonanza e della Dissonanza nel mondo e soprattutto in Tutta la Natura con l’esposizione di vari esempi tanto nuovi quanto inusitati per gli usi straordinari, tanto in quasi tutte le occasioni quanto soprattutto in Filologia, Matematica, Fisica, Meccanica, Medicina, Politica, Metafisica e Teologia). Si vede che intendimento dell’autore era la realizzazione di una sistematica esposizione delle basi teoriche e pratiche della musica, senza trascurare tutto quanto potesse concernere il fenomeno sonoro e musicale sotto tutti i punti di vista.

La Musurgia Universalis è un pianeta ingiustamente poco esplorato dalla musicologia: al suo interno una delle parti meno note è senza dubbio l’ottavo libro "de Musurgia Mirifica", che destò invece l’interesse vivissimo dei contemporanei e determinò il successo, invero enorme, dell’intero lavoro. Discostandosi dall’impianto enciclopedico ed ampiamente compilatorio del resto dell’opera, Kircher espose in questa sezione un suo personale sistema di composizione che chiamò musurgia mirifica, termine che si può tradurre come "meravigliosa arte di forgiare la musica": con questo metodo avrebbero potuto cimentarsi nel campo della musica coloro che, ignorando anche le più elementari norme della teoria, vagheggiassero di dedicarsi alla composizione.[9]

Il metodo compositivo di Kircher, con un campo d’azione limitato alla sola musica vocale, era basato su diverse tabelle di accordi a quattro voci, cifrati secondo le convenzioni del basso continuo e combinati in centinaia di sequenze di lunghezza variabile. Compito del compositore era quello di assemblare in successione più sequenze di accordi. Il testo da musicare era il punto di partenza per la composizione: il contenuto affettivo complessivo,[10] il numero delle sillabe e la distribuzione degli accenti determinavano la scelta di una piuttosto che di un’altra serie di sequenze.

Chiaramente, come del resto anche Kircher dichiarò più volte nel corso dell’esposizione, il segreto della musurgia mirifica consisteva in un peculiare uso della combinatoria. Non solo le tecniche combinatorie avevano presieduto alla preparazione delle sequenze di accordi fornite in partenza ed erano garanti della loro varietà: la segreta forza della combinatoria avrebbe fatto sì che anche dal successivo assemblaggio scaturissero sempre nuove catene di accordi. Era un modo di comporre che, a detta di Kircher, evitava intrinsecamente la monotonia.[11]

Il riferimento alla combinatoria, unitamente ad una certa efficacia del procedimento, alimentò la curiosità di molti uomini di scienza e di cultura, che cercarono di ottenere dall’autore una spiegazione del metodo da lui seguito per elaborare tali tecniche, e più in generale volevano conoscere i presunti segreti dell'ars combinandi, così efficace con mezzi tanto limitati. Kircher non soddisfò mai tale curiosità: si limitò sempre a tergiversare, rimandando a libri che aveva in preparazione, nei quali poi evitava di mantenere le promesse, affermando che gli arcani della combinatoria erano materia troppo delicata per poter essere divulgata: ne avrebbe comunicato i dettagli privatamente solo a pochi. In realtà nessuno fu mai illuminato in merito; anche personaggi famosi dovettero restare insoddisfatti: nell’epistolario di Kircher è conservata una lettera di Leibniz che, in data 16 maggio 1679, chiedeva da Magonza lumi ulteriori sulla combinatoria kircheriana. Rivolgendosi a Kircher apostrofandolo come vir magnus et incomparabilis, Leibniz osava sollecitarne il giudizio in merito alla propria opera su tale argomento, la Dissertatio de arte combinatoria pubblicata a Lipsia nel 1666,[12] "poiché non vedo nessuno che più di Te abbia penetrato i misteri dell’arte combinatoria". Kircher rispose da Roma il 23 giugno di quello stesso anno: si limitò a fornire considerazioni di carattere generale, negando di poter scendere maggiormente in dettaglio; per quanto riguardava il volume di Leibniz, poi, non aveva ancora avuto modo di leggerlo.[13]

L’applicazione della combinatoria alla musica risulta veramente interessante. Il punto di partenza è una particolare concezione del lavoro del compositore e dei fini che egli persegue: la composizione fu nella prospettiva di Kircher la creazione di una successione di consonanze. Nella musurgia mirifica quindi il comporre si trasformò in un assemblaggio condotto secondo le norme dell'ars magna: una volta scelto un numero anche limitato di accordi, era la potenzialità insita nelle pratiche combinatorie ad assicurare, attraverso le permutazioni e le combinazioni, l’ottenimento di una quantità enorme di sequenze sempre diverse, suscettibili di essere concatenate le une alle altre evitando in ogni caso le ripetizioni.

Si trattava di un fenomeno sbalorditivo. Invero non era un argomento del tutto nuovo: già Marin Mersenne, chiedendosi "come si possa scrivere la miglior melodia possibile"[14] suggeriva che l’unico metodo infallibile sarebbe stato quello di utilizzare la combinatoria per scrivere tutte le melodie realizzabili stante il numero di note che si voleva impiegare, discernendo poi la migliore fra tutte. Altri avevano pensato di applicare tali tecniche alla letteratura: un allievo di Kircher, Caspar Schott (1608-1666), a pagina 614 del II tomo della sua Magia Universalis,[15] espose brevemente ma con assoluta serietà un progetto di biblioteca che contenesse tutti i possibili libri ottenuti combinando in tutti i modi le lettere dell’alfabeto. Schott aveva preso le mosse da un’idea del matematico gesuita Clavius:[16] toccò a Jorge Luis Borges il compito di darle il nome di biblioteca di Babele, nell’omonimo racconto ospitato nella raccolta Finzioni.

La combinatoria stupiva per la intrinseca dote di generare immense quantità di mutationes partendo da un limitato insieme di elementi, quantità che crescevano poi vertiginosamente incrementando anche di una sola unità gli elementi di partenza: le permutazioni (in parole povere: i possibili anagrammi) di una parola di sei lettere diverse sono 720; per una parola di sette sono 5.040; con otto lettere arriviamo a 40.320 possibili diverse combinazioni. Le ventun lettere dell’alfabeto italiano possono essere disposte in più di cinquantun milioni di milioni di milioni di modi diversi: un lettore che ne scorresse dieci al secondo impiegherebbe centosessantamila milioni di anni per esaurire il proprio compito. E le permutazioni costituiscono il procedimento più elementare dell'ars combinandi!

Gli autori che si interessarono a questo argomento si impegnarono nell’esporre i vari tipi di manipolazioni e nel formulare le regole che consentivano di calcolare il numero delle combinazioni ottenibili con esse.[17]

Kircher cercò di portare un proprio contributo: nell’ottavo libro dedicò alla questione una sezione denominata "Musurgia Combinatoria", che avrebbe dovuto costituire un piccolo trattato sul calcolo combinatorio. Con tutto l’affetto derivante dalle lunghe ore trascorse nello studiare la Musurgia Universalis, devo subito dire che nella stesura di queste pagine Kircher non fu molto originale: con ogni probabilità copiò quasi tutto dall'Harmonie Universelle di Mersenne.[18] Questo non costituirebbe poi una colpa tanto grave, ma Kircher ha fatto anche peggio che copiare, trasferendo integralmente nella sua opera anche gli errori presenti nel testo di Mersenne. Le tavole numeriche fornite nella Musurgia Universalis presentano gli stessi errori di quelle esposte da Mersenne nella Harmonie Universelle pubblicata sedici anni prima: la fama di cui Kircher godette come matematico deve essere un poco ridimensionata.[19]

Kircher prese in esame due diversi tipi di trasformazioni combinatorie: le permutazioni e le disposizioni all’interno di un insieme di elementi. In entrambi i casi considerò dapprima insiemi con elementi tutti diversi fra loro (come ad esempio la parola ROMA) e poi insiemi con elementi ripetuti (come nella parola MARIA, in cui la A compare due volte). Concludendo la sezione dedicata alla combinatoria Kircher considerò le possibili connessioni di permutazioni e disposizioni. Egli organizzò la propria esposizione secondo una scansione didascalica: dopo una breve introduzione, divise la materia in due ampi capitoli articolati in sei "Problemi" di difficoltà progressiva, quasi mai fornendo regole di carattere generale. Kircher non espose le formule applicate per eseguire i calcoli, cosa che avrebbe messo il lettore nella condizione di poter risolvere propri personali quesiti di calcolo combinatorio: si limitò ad esporre alcune tabelle numeriche che fornivano le serie di risultati ottenibili con numeri più o meno limitati di elementi. Queste, come è ovvio non coprivano assolutamente tutti i casi possibili, ma solo una piccola parte.

Come primo passo Kircher affrontò le permutazioni, per scoprire quante volte un numero n di elementi potesse essere variamente ordinato. Nel caso di un insieme con elementi tutti diversi il numero delle permutazioni possibili è dato dal prodotto fattoriale del numero degli elementi: Pn=n!.[20] Nel caso di insiemi con elementi che si ripetono il risultato è dato dal quoziente fra il prodotto fattoriale del numero complessivo degli elementi ed il prodotto fattoriale del numero degli elementi uguali: Pn=n!/k! (dove n indica il numero degli elementi permutati e k il numero degli elementi uguali).

Kircher riportò in due tavole il numero di combinazioni possibili, senza e con ripetizioni, per insiemi composti da un numero di elementi che va da 1 a 24: la "Tabula I" che si trova a pagina 5 è stata copiata dall'Harmonie Universelle di Mersenne.[21]

Kircher ha affrontato con relativa facilità i problemi legati alle permutazioni: le cose ebbero a complicarsi sensibilmente, quando egli si pose il problema di calcolare quante volte un certo numero di note tratto da un insieme più ampio di note potesse essere variamente disposto, cioè, più semplicemente, scelto.[22] Nella fattispecie l’insieme di partenza era dato dalle ventidue note della Scala Guidonis, cioè da tre ottave complete sovrapposte. Passo dopo passo, Kircher mostrò quante volte all’interno di questo intervallo potessero essere tratti gruppi di due, tre, quattro, …, ventidue note. Anche questa tavola, che si trova a pagina 15 del II tomo della Musurgia Universalis, è copiata da Mersenne.[23]

Nella seconda parte della sezione Kircher scelse un punto di vista più pertinentemente musicale, e considerò come variabile anche la durata delle note: in quattro brevi capitoletti egli ebbe modo di affrontare anche la questione della polifonia. Egli esaminò le possibilità combinatorie determinate dalla sovrapposizione di più voci tutte soggette ai vari tipi di manipolazione esposti in precedenza: egli dapprima considerò solo la diversità di situ (permutazioni), poi la diversità di valore (disposizioni) e quindi entrambe. Le cifre risultanti crescono a dismisura perché non viene interessata una sola ma due, tre ed anche quattro voci: in quest’ultimo caso i risultati sono pressoché inconcepibili e non rapportabili a misure umane.

Il numero di combinazioni possibili è enorme anche in questo caso: ad esempio si possono scegliere 175.560 diversi gruppi di cinque note in un insieme costituito da tre ottave complete; se invece sempre da questo insieme volessimo trarre otto note diverse, potremmo scegliere fra quasi tredici miliardi di possibilità. Considerazioni simili a questa ricorrono frequentemente nelle pagine di Kircher: in ogni suo passo e quasi in ogni riga, la "Musurgia Combinatoria" mostra un atteggiamento che possiamo senza dubbio definire "ingenuo". Nella sua esposizione Kircher intese soprattutto manifestare (e sottolineò senza requie) la meravigliosa forza delle combinazioni cercando di rapportarne i prodotti alle misure umane, a scapito di una maggior correttezza o di un più rigoroso inquadramento dell’esposizione. Appare però anche chiaro che Kircher, mostrando gli aspetti esaltanti della magna vis della combinatoria, cercava di dimostrare a priori sin dal primo passo l’incontrovertibile potenza della sua tecnica compositiva.

L’approccio di Kircher sembrerebbe mostrare un limite intrinseco: colto dalla vertigine dei grandi numeri di combinazioni ottenibili all’interno di un insieme di note, egli ignorò del tutto la considerazione qualitativa nei confronti dei prodotti di tale sconfinata potenza poietica. Questo risulta ancor più evidente se confrontiamo il nostro autore con Mersenne. Quest’ultimo, nella sezione tanto sfruttata dal nostro autore, introdusse una attenta riflessione: sebbene sia necessario utilizzare l'ars combinatoria per ottenere tutte le melodie possibili da un certo numero di note stabilito in precedenza, la scelta della migliore fra tutte sarà sempre una questione umana giocata su basi puramente musicali.

Kircher non contemplò nella musurgia mirifica questo lato riflessivo, e si trattò a mio giudizio di una precisa scelta: egli riteneva che la bellezza di una composizione consistesse nell’esatta rispondenza alle regole della symphoniurgia, termine traducibile come "arte di forgiare la musica", sinonimo di "composizione musicale", che al livello più elementare consisteva nel concatenamento di accordi consonanti, come abbiamo visto. Un materiale musicale di base corretto e rispondente a determinati canoni estetici e stilistici era, per Kircher, suscettibile di essere aggregato variamente secondo una metodologia combinatoria: tutte le varianti ottenibili da tale Ur-materiale musicale ne avrebbero posseduto in egual misura i valori di correttezza. Sarebbe stata dunque del tutto marginale ogni considerazione di tipo estetico nei confronti degli innumerevoli prodotti di tale operazione. In Kircher la scelta non sussisteva a posteriori ma restava a monte della composizione: l’uso della combinatoria non comportava quindi che venisse posto in discussione ogni volta l’assetto del brano ottenuto.

Nelle mani di Kircher e nel contesto della Musurgia Universalis, l'ars combinandi si era trasformata: da ars inveniendi veritatem era diventata uno strumento neutrale che consentiva di produrre musica.

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Si veda Paolo Rossi, Clavis Universalis. Arti mnemoniche e logica combinatoria da Lullo a Leibniz, Bologna, il Mulino 1983 (1a ed. Milano-Napoli, Ricciardi, 1960), pp. 179-200.

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Eberhard Knobloch, “Musurgia Universalis: Unknown Combinatorial Studies in the Age of Baroque Absolutism”, in History of Science, XXXVIII (1979), pp.258-275.

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Paolo Rossi, Clavis Universalis, op. cit., pp. 211-219.

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Vedi Cesare Vasoli, “Considerazioni sull'Ars Magna Sciendi”, in AA.VV., Enciclopedismo in Roma barocca. Athanasius Kircher e il Museo del Collegio Romano tra Wunderkammer e museo scientifico, a cura di Maristella Casciato, Maria Grazia Ianniello, Maria Vitale, Venezia, Marsilio, 1986, pp. 62-77.

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Una biografia di Kircher si trova in Ulf Scharlau, Athanasius Kircher (1601-1680) als Musikschriftsteller. Ein Beitrag zur Musikanschauung des Barock, Marburg, Görich & Weiershäuser, 1969. Si tratta tuttavia di un testo non certo esaustivo.

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Athanasius Kircher, Ars magna sciendi, In XII Libros Digesta, qua nova et universali Methodo Per Artificiosum Combinationum contextum de omni re proposita plurimis et prope infinitis rationibus disputari, omniumque summaria quaedam cognitio comparari potest, Amstelodami, Apud Joannem Janssonium a Waesberge et Viduam Elizei Weyerstraet, 1669.

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Raimondo Lullo (circa 1232-1316) elaborò una “ars inveniendi veritatem” che avrebbe dovuto permettere di formulare affermazioni vere con un processo razionale per mezzo di diagrammi combinatori. Partendo dalla teoria degli elementi, secondo la quale ogni cosa nella natura era composta dal graduato combinarsi di terra, aria fuoco e acqua, fondò la sua ars attribuendo importanza ai nomi o attributi del divino, che egli chiamò “dignità” e rappresentò con lettere dell’alfabeto disposte su cerchi concentrici rotanti; la combinazione fra la sfera degli elementi (ABCD) e quella delle dignità (BCDEFGHIK) avrebbe permesso di formulare in modo sintetico ogni possibile riflessione.

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Si vedano su questo argomento: Gershom Scholem, Kabbalah, Jerusalem, Keter, 1974 (tr, it. di Roberta Rambelli, La cabala, Roma, Mediterranee, 1982, 495 p.); Frances Yates, The Occult Philosophy in the Elizabethan Age, London, Routledge & Kegan Paul, 1979 (tr. it. di Santina Mobiglia, Cabbala e occultismo nell’età elisabettiana, Torino, Einaudi, 1982, 240 p.); id., The Rosicrucian Enlightenment, London, Routledge & Kegan Paul, 1972 (tr. it. di Metella Rovero, L’illuminismo dei Rosa-Croce, Torino, Einaudi, 1976, XXX+318 p.).

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Il metodo della musurgia mirifica ebbe grande successo presso i missionari gesuiti che si servivano della musica per indottrinare con maggior facilità le popolazioni con cui venivano in contatto: sfruttando il metodo di Kircher erano in grado di comporre brani ad hoc utilizzando testi nella lingua indigena, cui difficilimente avrebbero potuto adattare musiche preesistenti.

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Kircher fu uno dei più autorevoli ed originali autori che si occuparono dell'Affektenlehre, la teoria degli affetti barocca, che egli rapportò ai quattro umori fondamentali riallacciandosi alla teoria dei quattro temperamenti di Galeno. Si veda su questo punto Mariangela Donà, “Affetti musicali nel Seicento”, Studi secenteschi, VIII (1967), pp. 75-94.

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In realtà i musicisti di professione criticarono aspramente Kircher proprio su questo punto. Egli inserì addirittura nel corso stesso della Musurgia Universalis alcuni passi destinati alla confutazione (quasi una excusatio non petita) dell’accusa di monotonia armonica. Vedi ad esempio le pp. 48, 57, 59 del secondo tomo.

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Si veda Paolo Rossi, Clavis universalis, op. cit., pp. 259-281.

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Paul Friedländer, “Athanasius Kircher und Leibniz. Ein Beitrage zur Geschichte der Polyhistorie in XVII Jahrhunderts”, Atti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, Serie III, Rendiconti, XIII (1937), pp. 229-247.

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Marin Mersenne, Harmonie Universelle, contenant la theorie et la pratique de la musiqve, Paris, Chez Sebastien Cramoisy, 1636 (Edition facsimilé, Paris, Editions du Centre National de le Recherche Scientifique, 1963), “Liure des chants”, “Proposition IX”, p. 110.

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Magia universalis Naturae et Artis, sive Recondita Naturalium et Artificialium rerum scientia, cuius Ope per variam Applicationem activorum cum passivis, admirandorum effectuum Spectacula, abditarumque inventionum Miracula ad varios humanae vitae ususeruuntur. Opvs qvadripartitum. Pars I continet Optica. II Acoustica, III Mathematica. IV Physica, Tomus I, Herbipoli, excudebat Henricus Pigrin, 1657, 4°, 538 p., Pars II, Herbipoli, excudebat Jobus Hertz, 1657, 432 p., Pars III, Herbipoli, excudebat Jobus Hertz, 1658, 4°, 815,p., Pars IV, Herbipoli, sumptibus Haeredum Joannis Godefridi Schönwetteri, 1659, 4°, 670 p.

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Christophorus Clavius (1537-1612) fu una delle principali fonti degli studi sulla combinatoria nel Seicento: importante fu il suo In sphaeram Joannis de Sacro Bosco commentarius, pubblicato a Roma nel 1585.

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Eberhard Knobloch, “Musurgia Universalis: Unknown Combinatorial Studies in the Age of Baroque Absolutism”_, _op. cit., p. 260.

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Le “fonti” di Kircher si trovano in Mersenne, Harmonie Universelle, op. cit., “Traitez de la Voix et des Chants”, pp. 1-88, “Traité des Instruments a Cordes” pp.309-412.

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Ricordiamo che nel 1633 Kircher era stato chiamato a Vienna come matematico imperiale e successore di Keplero (morto nel 1631). Non ricoprì mai l’incarico perchè fu trattenuto a Roma da papa Urbano VIII, che lo volle come studioso dei geroglifici presso il Collegio Romano, culla della cultura gesuita.

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Il prodotto fattoriale di un dato numero è il prodotto di tutti i numeri interi da 1 fino al quel numero.

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Marin Mersenne, Harmonie Universelle, op. cit., “Traitez de le Voix et des Chants”, p. 108.

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In termini tecnici, si tratta di “disposizioni semplici di classe k di un numero n di elementi”, con la formula Dn,k= n(n-1)….(n-k-1). Dove n indica il numero complessivo degli elementi che compongono la classe in esame e k indica il numero degli elementi scelti per la disposizione.

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Marin Mersenne, Harmonie Universelle, op. cit., “Liure des Chants”, p. 132.

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