Comporre senza conoscere la musica
1. Athanasius Kircher e la Musurgia Universalis
La Musurgia Universalis di Athanasius Kircher venne pubblicata a Roma nel 1650.[1] Si tratta di un’opera dalle aspirazioni enciclopediche, come denuncia ampiamente il titolo: Musurgia Universalis, sive Ars Magna consoni et dissoni in X libros digesta. Qua Vniversa Sonorum doctrina, et Phylosophia, Musicaeque tam theoricae, quam practicae scientia, summa varietate traditur; admirandae Consoni, et Dissoni in mundo, adeoque Universa Natura vires effectusque, vti noua, ita peregrina variorum speciminum exhibitione ad singulares usus, tum in omnipoene facultate, tum potissimum in Philologia, Mathematica, Physica, Mechanica, Medecina, Politica, Metaphysica, Theologia aperiuntur et demonstrantur.[2] Lungo 1152 pagine ricche di esempi musicali e incisioni Kircher si dedicò alla sistematica esposizione delle basi teoriche e pratiche della musica, senza trascurare quanto potesse concernere il fenomeno sonoro sotto tutti i punti di vista.[3]
La Musurgia Universalis è un pianeta che la moderna musicologia ha ingiustamente trascurato. L’opera mostra peraltro tutti i difetti imputabili alle altre opere di Kircher e senza ombra di dubbio procede non di rado in modo erratico o rapsodico; si aggiunga poi la interdisciplinarità degli argomenti contenuti senza dimenticare il fatto che Kircher si esprimeva in un latino dalla sintassi decisamente complicata: si comprenderà perché la Musurgia Universalis sia stata poco esplorata. Così facendo tuttavia si è ignorata una delle più interessanti testimonianze della musicografia barocca.[4]
Certamente una delle parti per noi più oscure della Musurgia Universalis è costituita dall’ottavo libro “de Musurgia Mirifica”, che destò invece l’interesse vivissimo dei contemporanei e determinò il successo invero enorme dell’intero lavoro. Discostandosi dall’impianto enciclopedico e ampiamente compilatorio del resto dell’opera, Kircher espose in queste pagine un proprio personale metodo di composizione che egli chiamò musurgia mirifica (neologismo coniato da Kircher e traducibile come “meravigliosa arte di forgiare la musica”), che avrebbe consentito la composizione musicale anche a chi, del tutto privo delle più elementari nozioni di teoria musicale, volesse tuttavia cimentarsi in questa impresa.
Questo studio intende quindi contribuire a colmare la carenza delle ricerche musicologiche su questo aspetto dell’opera di Athanasius Kircher,[5] non senza puntare alcuna luce sulla figura dell’autore e sull’intera sua opera musicografica più importante.
Il gesuita Kircher godette in vita di una fama forse superiore ai suoi reali meriti, che comunque non erano trascurabili: uomo di primo piano nella vita culturale, fu in contatto con tutti i principali scienziati, filosofi e uomini di cultura del suo tempo che frequentemente si rivolgevano a lui per conoscere il suo illuminato parere in merito ai più disparati argomenti.[6]
Kircher era nato il 2 maggio 1601 a Geisa, presso Fulda, ultimo di nove figli.[7] Fu il padre, docente di teologia e musicista dilettante, ad avvicinarlo alla musica. Frequentò la scuola dei gesuiti a Paderborn e nel 1618 entrò nell’ordine. Nel 1622, nel quadro della guerra dei Trenta anni, dovette lasciare la città per sfuggire alle truppe del duca Cristiano di Brunswick, noto persecutore dei gesuiti. Peregrinò per alcuni anni: sacerdote nel 1628, nel 1629 fu nominato professore di matematica, filosofia e lingue orientali presso l’Università di Würzburg. Trasferitosi ad Avignone, avviò intensi studi sui geroglifici egiziani insieme a Nicolas Fabri de Peiresc.[8] Nel 1633 si accinse a spostarsi a Vienna, dove era stato chiamato da Ferdinando II per succedere a Keplero (morto nel 1631) nel ruolo di matematico imperiale. Il viaggio da Avignone a Vienna comportò una deviazione non prevista a Roma:[9] Urbano VIII non lo lasciò più partire e lo nominò professore di matematica, fisica e lingue orientali presso il Collegio Romano, con l’incarico speciale di studiare i geroglifici. Da allora Kircher rimase per sempre a Roma, se si eccettuano alcuni viaggi di studio ed un breve soggiorno a Malta fra il 1636 ed il 1637. Morì a Roma il 27 novembre 1680: il corpo venne sepolto nella Chiesa del Gesù, mentre il cuore fu tumulato nella cappella di Santa Maria della Mentorella a Guadagnolo, villaggio vicino Palestrina.
Nelle sue opere Kircher intese abbracciare tutti i campi del sapere umano: condensare in poche righe un excursus della sua vasta opera, distribuita in più di quaranta libri a stampa[10] ed in oltre duemila fra manoscritti e lettere,[11] è impresa decisamente utopica, perché egli fu un poligrafo nel vero senso della parola: filosofo, filologo, teologo, scienziato, collezionista, sperimentatore. Ogni tentativo di definizione risulta drasticamente riduttivo. Kircher si trovò a cavallo fra due epoche: sostenitore di un ideale unitario della conoscenza negato dalla specializzazione crescente nel mondo del sapere, la sua figura di studioso è stata travolta dalla successiva evoluzione delle scienze e le sue opere sono state spesso liquidate, talvolta non senza ragione, come inestricabili coacervi privi di sistematicità in cui le nozioni importanti sono mescolate alle fantasticherie. Non era esente da difetti: affetto da una certa dose di superficialità e credulità nei confronti delle proprie fonti, Kircher credeva nell’esistenza delle sirene e dei grifoni, era convinto della generazione spontanea degli insetti e persuaso della totale veracità testuale dell’Antico Testamento. Anche la storia congiurò contro di lui: elaborò un sistema di decifrazione dei geroglifici la cui fama durò sino alla pubblicazione nel 1824 dell’esatta decifrazione di Champollion, realizzata grazie alla stele di Rosetta.[12] Nel considerare tutti questi elementi non ci si dimentichi però che all’incirca negli stessi anni Boyle e Newton si dedicavano con serietà alle pratiche alchemiche, per non parlare delle speculazioni di Keplero sulle armonie cosmiche.[13]
Ma veniamo alla Musurgia Universalis. L’opera si articola in dieci libri divisi in due tomi.[14] Kircher prende le mosse dal suono naturale esaminato in una dimensione preartistica unitamente ad uno studio sulla fisiologia della voce (I libro); ragiona poi (II libro) circa l’origine della musica: in questo contesto inserisce un frammento da lui attribuito a Pindaro.[15] Nel III e IV libro Kircher si dedica alla speculazione teorica sulla divisione del monocordo e sulla scienza armonica.[16] Il V libro è un compendio di teoria della composizione.[17] Quindi Kircher si occupa degli strumenti musicali (VI libro): si tratta di una sezione molto interessante dal punto di vista storico-documentario. Il VII libro costituisce una delle principali fonti della teoria degli affetti barocca, di cui Kircher è uno dei più significativi teorici.[18] In questa sezione egli cercò di elaborare una propria personale classificazione degli stili musicali, distinguendo fra stylus impressus e stylus expressus, cioè fra determinazione antropologica (legata alle cause naturali e al genius loci di una nazione) e determinazione poetica (istituendo una tipologia dei generi legata alle caratteristiche strutturali).[19] Il IX libro tratta in modo fantasioso i misteriosi effetti della musica, ritenuta fra l’altro in grado di curare le malattie: secondo Kircher essa sarebbe stata efficace non solo contro il morso della tarantola, ma addirittura contro la peste. Il X libro costituisce una delle più importanti teorizzazioni della concezione barocca dell’armonia delle sfere:[20] Kircher affermò che l’intera compagine del mondo era determinata da un’intima armonia di tutti gli esseri, accordati fra loro da Dio, che egli definì supremo organista come già aveva fatto Keplero.
2. “Liber Octavus de Musurgia Mirifica”. Osservazioni
All’interno della Musurgia Universalis l’ottavo libro costituisce una sezione dalle dimensioni non indifferenti, che si estende per le prime duecento pagine del secondo tomo: si divide in quattro parti, le quali intendono esporre la materia in modo sistematico e progressivo. Nella «Musurgia Combinatoria"[21] e nella “Musurgia Rhythmica sive Poetica”[22] trovano posto rispettivamente un’esposizione dei principi generali e delle tecniche combinatorie[23] ed un breve trattato di prosodia e metrica: sono parti introduttive e più avanti ne capiremo le ragioni d’essere.
La sezione più specifica del “Liber Octavus”, la più ampia (139 pagine) e la più densa di contenuti è la “Pars III, Musarithmorum melotheticorum praxin exhibens”.[24] Questa parte si divide a sua volta in tre grossi blocchi denominati “Syntagma I”, “Syntagma II”, e “Syntagma III”.[25] Questa tripartizione rispecchia l’ampliarsi progressivo delle possibilità offerte dalla tecnica della musurgia mirifica. Inizialmente è possibile realizzare una semplice armonizzazione a quattro voci nota contro nota in contrapunctus simplex. In seguito è possibile utilizzare anche note di passaggio ed altro nel contrapunctus floridus. Infine avrebbe dovuto essere contemplata la possibilità di comporre utilizzando tutti gli artifici in qualunque stile: questo ultimo stadio della musurgia mirifica, denominato musurgia rethorica, è rimasto concepito in astratto, delineato solo da scarne indicazioni di massima. Kircher giustificò la lacuna affermando che si trattava di qualcosa che non poteva essere divulgato indiscriminatamente; egli si riservò di svelare i dettagli della musurgia rethorica esclusivamente “solis Principibus, & summis Viris, Amicisque”.[26] La naturale curiosità e il desiderio di entrare a far parte di tale comunità ristretta spinse molti a tentare in tutti i modi di convincere Kircher a trasmettere loro tali informazioni.[27] Con ogni probabilità, per quanto è dato sapere, nessuno potè vantare un così grande privilegio: Scharlau, che nel suo saggio ha esaminato anche a tale proposito la corrispondenza di Kircher conservata a Roma, non fa menzione alcuna di lettere o comunicazioni che confermino l’avvenuto passaggio di tali informazioni, mentre abbondano le lettere di richiesta e perorazione. Nel corso delle mie ricerche ho trovato un’unica vaga menzione (priva di altri riscontri) in merito a una qualche rivelazione fatta da Kircher: si trova in un passo di una lettera inviatagli dal duca di Brunswick: “Cognoscendae istius rei abstrusioris [la parte rimasta segreta] nos incesserat cupiditas […]. Commode autem supervenit subditum noster, Henricus Iulius Bluminus […] qui ea, quae ipsi Romae tecum colloquenti, tu ipse hac de re in mandatis dederas, nobis bona fide aperuit."[28]
Nella quarta ed ultima sezione dell’ottavo libro, denominata “Musurgia Mechanica, sive de varia mobilium Musurithmicarum columnarum Metathesi sive transpositione”,[29] Kircher espose molto succintamente (solo quattordici pagine) l'arca musarithmica, uno strumento che egli aveva ideato per rendere più facile e veloce il lavoro di composizione secondo la musurgia mirifica.[30] Inoltre nei capitoli “Rabdologia Musurgica” e “Plectrologia Musarum”,[31] egli trattò altri metodi di composizione da lui escogitati in gioventù, tutti prodromi della musurgia mirifica.
Kircher dichiarò di aver voluto soprattutto supportare l’opera missionaria dei gesuiti che si servivano della musica per indottrinare le popolazioni con cui venivano in contatto.[32] I missionari avevano il problema di adattare alle melodie liturgiche della chiesa di Roma i testi che venivano cantati nelle lingue indigene: i tentativi si rivelavano spesso infruttuosi o poco soddisfacenti. Kircher offrì a tutti la possibilità di comporre canti ad hoc per uno specifico testo in qualsiasi lingua. La musurgia mirifica venne molto apprezzata e contribuì in larga parte al successo della Musurgia Universalis. Trecento esemplari vennero distribuiti a padri della Compagnia giunti a Roma nel 1650 da ogni parte del mondo in occasione dell’elezione del nuovo Generale dell’Ordine: grazie ad essi l’opera conobbe una rapida diffusione in tutto il mondo.
Kircher non risolse solo i problemi contingenti dei padri gesuiti: senza dubbio il metodo di composizione della musurgia mirifica mostrò di andare incontro anche alle esigenze di chi, musicae imperitus ma animato dall’interesse e spinto dalla curiosità per questo nuovo metodo, volesse dedicarsi con spirito amatoriale alla composizione musicale, saltando a piè pari le ostiche ed aride secche dello studio teorico.[33] Nel secolo del grande sviluppo della meccanica Kircher destò gli interessi dei nobili eruditi e degli intellettuali, che furono affascinati dalle prospettive del metodo combinatorio e meccanico contenuto nella musurgia mirifica, ma riscosse un maggior successo presso musicisti dilettanti, mai sazi della gioia ludica di poter finalmente “comporre”: Kircher ricevette molte lettere di entusiasti.[34] Questo fatto è interessante anche perché rivela che già nel Seicento esisteva una fascia di persone che si dedicava per diletto alla pratica musicale.
3. Una prima descrizione
La tecnica compositiva denominata da Kircher* musurgia mirifica* ha un campo d’azione limitato alla sola musica vocale e il compositore deve necessariamente partire da un testo poetico per avviare una serie di operazioni che lo condurranno attraverso scelte più o meno obbligate ad ottenere il brano finito. Tanto per il _contrapunctus simplex_ quanto per il _contrapunctus floridus_ la composizione è basata sull’uso di tavole chiamate* tabellae melotacticae*, che contengono accordi (o brevi sequenze più complesse) a quattro voci; il tutto seguendo la cifratura in _numeri harmonici_,[35] cioè le convenzioni del basso continuo. Kircher dichiarò di averle elaborate sfruttando in modo peculiare le potenzialità delle tecniche combinatorie: “[…] principia totius Musurgicae combinationis artis analyticae subsidio aggressus, praestantiores Musurgisque magis necessarias harmonicarum metatheses tabulas [le tavole con gli accordi cifrati] magno sane labore redegi ea arcani artificii dispositione”.[36]
Ciascuna tabella melotactica, chiamata anche pinax, contiene le sequenze preparate per collimare con uno specifico metro poetico, come vedremo meglio in seguito. Ogni sequenza così preparata viene definita musarithmus: “Musarithmum […] nihil aliud dicimus, quam harmonicorum numerorum certis pedibus metricis correspondentium atque in pinaces seu tabulas methodicas redactorum aggregatum”.[37]
I musarithmi si presentano come insiemi di cifre disposte su quattro righe:[38]
553233 875777 323455 868733
Nell’esempio il blocco si riferisce ad un singolo verso di sei sillabe: la lettura è melodica su ogni riga da destra verso sinistra, armonica dal basso verso l’alto; ogni accordo corrisponde ad una sillaba del testo da musicare. Le quattro linee orizzontali si riferiscono alle quattro parti tradizionali dell’armonia vocale: bassus, tenor, altus e cantus.
Unitamente ai musarithmi è presente nelle tabellae melotacticae un certo numero di strutture ritmiche, definite notae metrometrae, da applicare alle note. Kircher ha preparato notae metrometrae in tempo binario ed in tempo ternario, che possono essere applicate senza restrizioni a qualunque sequenza di note del pinax.
Il lavoro compositivo quindi consiste nell’assemblare in successione e nel trascrivere sui pentagrammi diverse sequenze di accordi cifrati, cioè vari musarithmi, finché non si è musicato tutto il testo scelto: “Constitit autem haec nova nostra Musurgia maxime in artificiosa Tabellarum melotacticarum artificiosa combinatione; qua quomodolibet facta nova semper neceßario emergat harmonia”.[39]
Il testo orienta una serie di scelte che abbiamo detto essere più o meno vincolate: il compositore (sarebbe meglio dire l’operatore) che utilizzi la musurgia mirifica deve infatti prendere in considerazione tre variabili del testo: il contenuto affettivo complessivo, il numero delle sillabe dei versi (e la struttura della strofa) e la distribuzione degli accenti tonici. Esaminiamo quindi questo aspetto del lavoro del compositore mirificus.
4. Il testo da musicare: alcune considerazioni
Nella sezione dedicata alla musurgia poetica Kircher esamina il testo sul piano del significante, ovvero nei suoi aspetti ritmici e metrici: egli cerca di spiegare come la struttura dei versi influenzi la scelta dei valori delle note che li devono musicare. Kircher sottolinea la distinzione esistente fra la metrica poetica in senso stretto, cioè quella ormai desueta ricevuta in eredità dalla poesia latina, e la metrica musicale, che della prima sarebbe una versione semplificata e ridotta: anche terminologicamente egli marca questa diversità utilizzando due diversi aggettivi, poeticum e harmonicum, per caratterizzare nel corso della sua esposizione i due differenti punti di vista. Ci troviamo decisamente nell’ambito di una metrica quantitativa e non più qualitativa:[40] per quanto Kircher utilizzi la terminologia classica,[41] egli sfrutta nomi antichi per indicare concetti nuovi. Già da molto tempo la terminologia indicativa della quantità delle sillabe brevi o lunghe era ormai un flatus vocis: come sillabe “lunghe” venivano indicate le sillabe marcate dall’accento tonico, mentre le sillabe “brevi” erano in realtà sillabe atone.[42]
All’interno del verso il compositore dovrà inoltre considerare come valore discriminante solo la caratteristica (ovvero la presenza o l’assenza dell’accento tonico) di un’unica sillaba, la penultima.[43]
Vi sono due gruppi: versi piani e versi sdruccioli, ovvero versi con l’accento tonico sulla penultima sillaba e versi con l’accento tonico sulla terzultima sillaba. Al primo gruppo appartengono versi di 5, 6, 7, 9, 11 sillabe; nel secondo troviamo versi di 6, 8, 10, 12 sillabe.
Risulta assai interessante esaminare la distribuzione di arsi e tesi (cioè l’assegnazione di un tempo forte o debole) fra le varie notae metrometrae delle sequenze elaborate da Kircher per ogni tabella. Nelle notae metrometrae per i versi piani si trovano sul tempo forte della battuta sempre l’ultima, la penultima e la quartultima nota; nei versi più lunghi si trovano su tempi forti tutte le note pari: ad esempio in un endecasillabo sono sul tempo forte la seconda, quarta, sesta, ottava, decima (penultima) e undicesima nota. Nelle notae metrometrae per i versi sdruccioli la nota sul tempo forte della battuta è sempre la terzultima; nei versi più lunghi sono su tempo forte anche le altre note pari.
5. La mensa tonographica: il sistema dei toni
Nel corso delle operazioni previste dal metodo della musurgia mirifica arriva un momento in cui il compositore deve trasformare le cifre delle tabelle in note che vanno poi riportate su un pentagramma, scegliendo contestualmente il tono di base e di conseguenza la coloritura espressiva del brano. La mensa tonographica (Tavola 1) risolve i problemi relativi a entrambe le incombenze: si tratta infatti di una tavola che espone il sistema delle scale utilizzabili nella musurgia mirifica cifrate con i consueti* numeri harmonici* unitamente ad una stringata descrizione "affettiva".[44] Purtroppo la _mensa tonographica_ riserva allo studioso alcune brutte sorprese in quanto presenta diversi errori:[45] ci viene fortunatamente in soccorso un discepolo di Kircher molto più diligente e preciso: Caspar Schott,[46] che spesso nelle proprie opere ha emendato e spiegato le molte pagine errate, lacunose o farraginose del suo tanto più illustre maestro.[47] Lo stesso Kircher ha però inserito qua e là nel testo[48] diversi precetti che correggono le scale della _mensa tonographica_ aggiungendo alcune opportune alterazioni: nonostante una facciata tradizionale Kircher esibisce infatti in questo contesto dodici scale riconducibili ad una bipolarità fra modo maggiore e modo minore (armonico).
La cornice d’insieme è però tradizionale:[49] riecheggiando Glareano Kircher afferma che la mensa tonographica “nihil aliud est, quam 12 Tonorum iuxta 7 diapason species in columnis unicuique tono proprijs, secundum numeros suos harmonicos repraesentatio”.[50] Ciascun tono è designato inoltre con il nome dell’antica terminologia:[51] convivono qui mescolate un’arcaica speculazione sugli effetti della musica e sugli “affetti” dei toni ed una progressiva affermazione della tonalità, in un ibrido in cui un certo bagaglio culturale del passato, pur non avendo più alcun peso, non viene ancora abbandonato.[52] Dopo tutte le varie correzioni del caso si ottiene un sistema di dodici toni così articolato:
1. Dorius durus - RE (minore armonica)
2. Hypodorius mollis - SOL (minore armonica)
3. Phrygius durus - LA (minore armonica)
4. Hypophrygius durus - MI (minore armonica)
5. Lydius mollis - SIb (maggiore)
6. Hypolydius mollis - FA (maggiore)
7. Mixolydius durus - SOL (maggiore)
8. Hypomixolydius mollis - DO (maggiore)
9. Ionius mollis - RE (minore armonica)
10. Hypoionius durus - LA (minore armonica)
11. Iastius durus - DO (maggiore)
12. Hypoiastius mollis - FA (maggiore)
In definitiva abbiamo quattro scale maggiori (Do Sol Fa Sib) e le loro relative minori (La Mi Re Sol).
6. Contrapunctus simplex: esempio pratico
Vediamo in un esempio pratico come i tre centri motori della tecnica compositiva kircheriana (testo, musarithmi e notae metrometrae) interagiscano per condurre al risultato finale. Seguiamo Kircher che ha deciso di utilizzare per il suo primo esempio pratico il “Veni Creator Spiritus”,[53] il noto inno di Rabano Mauro (morto nell'856), isolandone i primi quattro versi:
Veni Creator Spiritus Mentes tuorum visita Imple superna gratia Quae tu creasti pectora
Per prima cosa è necessario scegliere il tono di impianto della composizione in base al contenuto affettivo del testo. Sarà particolarmente appropriato il tono sesto Hypolydius: impostato sul Fa, con signatio mollis, cioè con il Si bemolle, è indubitabilmente una scala di Fa maggiore. Secondo Kircher tale tono bene illustra lo spirito del testo di Rabano, caratterizzato da “spem & fiduciam in divina misericordia”.[54]
Scelto il tono il compositore dovrà trascrivere la colonna della mensa tonographica relativa ad esso, accostando le lettere alle cifre:
8 = Fa 7 = Mi 6 = Re 5 = Do 4 = Si (bemolle per via della signatio mollis) 3 = La 2 = Sol 1 = Fa
Bisogna poi preparare il palimpsestus phonotacticus, vale a dire un sistema di quattro pentagrammi (per le quattro voci) con le chiavi musicali appropriate. Quindi il compositore deve far riferimento ad uno specifico pinax dal quale ricavare le note che dovranno poi essere trascritte. Egli deve scegliere il pinax (o tabella melotactica) adeguato alla struttura metrica, cioè al numero di sillabe e alla quantità della penultima sillaba del verso: lo soccorrono in questo caso le nozioni esposte nella “Pars II de Musurgia Poetica”. Nell’esempio in questione si constata rapidamente che si tratta di un octosyllabum con penultima sillaba breve (ovvero sdrucciolo) cui è relativo il “Pinax VI” (Tavola 2).
Procediamo con le operazioni: scegliamo dal pinax quattro musarithmi per musicare i primi quattro versi del testo:
55555555 33334334 33287667 54328878 77778778 88888888 88235545 86543523 22233223 55566556 33482222 34568555 55538558 88864884 88765225 82346558
Ora rimane ancora da decidere se la scansione del tempo debba essere binaria o ternaria, quindi si dovrà operare una selezione fra le notae metrometrae all’interno della tabella scelta.[55]
Ormai le cose sono molto semplici, in quanto rimangono da compiere unicamente azioni meccaniche e ripetitive: dopo aver diviso il testo in sillabe si dovrà assegnare ad ognuna di esse un numerus harmonicus ed una nota metrometra, quindi trascrivere il tutto per ottenere l’armonizzazione esposta nell'esempio musicale 1.
7. Le basi materiali del contrapunctus simplex
Al contrapunctus simplex è dedicato come abbiamo visto il “Syntagma I”. Abbiamo 11 tabelle di musarithmi, che ospitano complessivamente 536 sequenze. Le tabelle possono essere divise in tre gruppi distinti: vediamoli.
Consideriamo in primo luogo i pinaces dal numero 4 al numero 11 compresi: è il gruppo numericamente più consistente (356 sequenze). Si tratta del gruppo di musarithmi il cui utilizzo è più meccanico, semplice ed intuitivo, non richiedendo grosse scelte da parte del compositore. Le procedure compositive corrispondono a quelle descritte in precedenza al punto 6. Ogni pinax serve a musicare un solo tipo di verso e ogni musarithmus serve a musicare un singolo verso completo. All’interno di ogni pinax i musarithmi sono divisi in quattro gruppi disposti su quattro colonne: musarithmi per il primo, secondo, terzo e quarto verso di ogni strofa, questo supponendo che il brano sia in quartine: in caso contrario i musarithmi per il primo ed il quarto verso andranno utilizzati per il verso iniziale e quello finale della strofa, mentre i musarithmi per il terzo e quarto verso saranno utilizzati per tutti i versi intermedi. Il compositore si trova di fronte a scelte obbligate, dettate solo dal testo che si è proposto di musicare. A proprio piacere egli può solo scegliere quali sequenze di notae metrometrae utilizzare. Capiremo fra breve il criterio di ripartizione delle sequenze nei quattro gruppi.
Esaminiamo pertanto il pinax 3: qui troviamo 80 sequenze preparate per il verso adonium, equamente divise in due gruppi di 40 sequenze ciascuno, dedicate all'adonium pentasyllabum (accenti tonici su prima e quarta sillaba) e adonium dactylicum (sei sillabe, accenti tonici su prima e quarta). Ogni musarithmus serve a musicare un singolo verso completo, ma in questo caso le quattro colonne di musarithmi non sono diversificate per i versi iniziali, intermedi e finali delle strofe. Cionondimeno è opportuno che il compositore per evitare una certa monotonia dell’andamento armonico effettui una scelta all’interno di questo insieme, scelta dettata pur sempre dalla posizione del verso da musicare all’interno della strofa. I musarithmi per versi iniziali, finali o intermedi andranno discriminati in base al movimento cadenzale del basso di ciascun musarithmus.[56] Movimenti conclusivi del basso come 51 (ovvero da dominante a tonica, in termini moderni) o 41 devono essere usati solo per i versi iniziali e finali (41 rigorosamente solo per i versi finali); per i versi intermedi Kircher suggerisce di usare moti cadenzali del basso come 25, 65 oppure 73.[57]
Ritorniamo per un momento al gruppo di pinaces _esaminati in precedenza: dopo alcuni conteggi è facile constatare che in quel caso la scelta del _musarithmus più adatto, qui affidata alla discrezionalità del compositore, è stata compiuta a priori da Kircher. In altre parole le colonne di musarithmi per il primo e quarto verso concludono quasi tutti su una cadenza 51 oppure 41; nelle due colonne intermedie le cadenze sono assai più varie: 25, 14, 73, 45, 15.
Il terzo gruppo è costituito dalle tabelle 1 e 2, ciascuna con 50 diverse sequenze. Si richiede un ulteriore salto di qualità alla competenza del compositore, perché le procedure operative cambiano: ci troviamo qui nell’ambito di quello che Kircher chiama “processus per distincta membra”. I musarithmi esposti in queste tabelle non possono essere utilizzati per musicare interi versi: si tratta infatti di sequenze composte da due, tre, quattro, cinque e sei accordi che vanno utilizzate per musicare frammenti di versi composti da due, tre, quattro, cinque, sei sillabe. L’assemblaggio di questi segmenti condurrà poi alla sequenza completa per ogni singolo verso.
I pinaces _sono due: _musarithmi per frammenti con la penultima sillaba accentata (pinax 1) oppure atona (pinax 2). Il verso può essere scomposto in qualsiasi modo, spezzando anche le parole in sillabe. La sillaba da considerare per la scelta del pinax è ovviamente la penultima del frammento e non la penultima del verso considerato nella sua integrità.
Qui il compositore gode della massima libertà di scomporre e assemblare frammenti come meglio crede: le possibilità combinatorie sono incrementate a dismisura. Inoltre si evita la costrizione di utilizzare sequenze troppo lunghe e spesso alla lunga riconoscibili che è difficile se non impossibile variare in modo efficace.
In questo caso Kircher non fornisce alcuna regola operativa, eccezion fatta per alcune raccomandazioni sul moto cadenzale simili a quelle che già abbiamo esposto,[58] che mirano a evitare una condotta monotona o al contrario incoerente.
Non è questa certo la sede per condurre un discorso approfondito (che comunque merita di essere compiuto) in merito alle strutture musicali presenti nelle tabelle melotacticae: tuttavia vorrei aggiungere ancora alcune brevi considerazioni a mo' di primo approccio. Le sequenze esposte da Kircher nel primo syntagma presentano 3976 accordi organizzati in 536 sequenze: le ripetizioni sono minime, perché vi sono ben 270 diversi modelli di musarithmus.[59] Cionondimeno si riconoscono pattern cui assimilare più sequenze diverse, ovvero si intuisce l’esistenza di metodi generativi che hanno permesso a Kircher di partire da sequenze brevi per giungere a sequenze più lunghe ma strutturalmente imparentate con le prime. Ritengo che la descrizione di un processo di dilatazione e ampliamento del materiale musicale potrebbe disvelare interessanti realtà in merito alla grammatica della frase musicale, con implicazioni che non si limiterebbero solo al dato kircheriano ma lo travalicherebbero per illuminare almeno in una certa misura il lavoro del compositore barocco.
Veniamo brevemente al dato musicale: va detto che ogni valutazione armonica all’interno della musurgia mirifica è una interpretazione che giunge dall’esterno e non ha alcun riscontro nella sostanza dell’universo teorico del nostro autore anche se viene suffragata in modo palese e irrefutabile dalla concretezza dell’esempio musicale. Siamo senza dubbio di fronte ad una testimonianza di quel momento della moderna sintassi armonica definita “nascente” da Bukofzer,[60] nel quale la pratica musicale sopravanzava e stravolgeva per i propri fini i risultati di ampie frange di letteratura teorica ancora legata ad antiche fonti e lungi dallo svecchiarsi. Ciononostante, viene da pensare (ma è una mia illazione che mi è impossibile dimostrare allo stato attuale degli studi) che gli esempi musicali all’interno della musurgia mirifica e di alcune parti della Musurgia Universalis siano state revisionate o addirittura realizzate da musicisti professionisti più al passo coi tempi: Athanasius Kircher, che ancora parlava del sistema dei toni in termini di modalità e di qualitas tonorum e che ben difficilmente avrebbe potuto realizzare le musiche inserite nella sua opera senza essere un minimo consapevole di quel che faceva, forse non ne comprese le novità.
Il movimento omoritmico delle quattro voci presenta una sistemazione che non potrebbe essere più di così placidamente e palesemente tonale: la triade è la cifra di tutto l’insieme.[61] Le quattro note dei musarithmi sono costruite sulle tre note della triade con il raddoppio di una di esse. Gli unici gruppi costituiti da quattro suoni diversi sono i due accordi di settima costruiti sul quinto grado che sale al primo e sul secondo che passa al quinto; non esiste neppure la possibilità di avere accordi alterati. Il movimento è quello del corale, con pause alla fine di ogni verso e preponderanza assoluta della dimensione armonica su quella melodica anche a causa dell’omoritmia delle parti.
La dimensione tonale dell’insieme è confermata da una breve considerazione dei moti cadenzali delle sequenze di musarithmi: prevalgono in massa le cadenze con salto di quinta discendente (o quarta ascendente): V-I (questa è la più usata: 282 volte su 536), II-V, VII-III; piuttosto utilizzata la cadenza plagale IV-I. Una differenza emerge fra i musarithmi per versi piani e i musarithmi per versi sdruccioli: nei primi l’accordo cadenzante (ad esempio la triade sul V grado nella cadenza perfetta) cade sulla penultima nota; nel caso delle sequenze per versi sdruccioli invece l’accordo cadenzante giunge già sulla terzultima (la nota su tempo forte), viene ribattuto sulla penultima per risolvere quindi sull’accordo finale.
Le notae metrometrae sono a mio parere il vero punto di forza della musurgia mirifica così come Kircher l’ha elaborata: proprio l’avere introdotto una grande varietà ritmica consente di eliminare una buona parte dei rischi di monotonia e ripetitività che un metodo di composizione come questo porta inevitabilmente con sé, e separa radicalmente il progetto di Kircher dai tentativi successivi elaborati per esempio da Johann Philipp Kirnberger, Carl Philipp Emanuel Bach e addirittura Wolfgang Amadeus Mozart, ma anche da Mersenne.[62] Sono tentativi che Scharlau definisce giustamente “poco seri”:[63] nulla a che spartire con la varietà consentita dalla musurgia mirifica.
8. Contrapunctus floridus: esempio pratico
Il procedimento descritto in precedenza non cambia se il compositore intende utilizzare i musarithmi preparati per il contrapunctus floridus: di nuovo si dovrebbe far riferimento al pinax specifico per il metro poetico utilizzato nel testo da musicare; di nuovo si dovrebbe scegliere un tono e si dovrebbero assemblare le successioni di note per ciascun verso, quindi trascrivere le note in base alla cifratura e allo schema di notae metrometrae che in questo caso non sono intercambiabili fra i vari musarithmi ma sono specifiche per ciascuna sequenza di note.[64]
Ecco un breve esempio basato sempre sul testo del “Veni Creator Spiritus”. Si prenda questo musarithmus per musicare il primo verso:
155654343232343234353223 48821717176516712171 85565436545555 488287851
Realizzata nel solito tono Hypomixolydius (Fa maggiore) la sequenza di note risulta strutturata così come risulta dall'esempio musicale 2.
La frase è una semplice successione di accordi con note di passaggio; si nota l’elementare imitazione tra le voci. Appare anche qui chiaramente come il linguaggio musicale abbia una decisa strutturazione tonale.
9. Le basi materiali del contrapunctus floridus
Il secondo syntagma dedicato al contrapunctus floridus utilizza sei tabelle di sequenze musicali, per versi che vanno da cinque a dodici sillabe. I musarithmi di ciascun pinax sono anche in questo caso articolati in quattro gruppi, corrispondenti ai quattro ipotetici versi di una quartina. Ogni musarithmus possiede tuttavia un solo schema ritmico che non può assolutamente essere mutato in conseguenza del fatto che le quattro voci non sono più isocrone ma procedono “varijs diuersarum vocum diminutionibus”[65] e quindi bisogna rispettare con cura la scansione temporale in modo da evitare erronee sovrapposizioni di voci che generino dissonanze o cacofonie. In questo modo però viene a mancare la variabile più efficace incontrata nel primo syntagma: la possibilità di applicare molti ritmi diversi a ciascun musarithmus. In secondo luogo non esiste la possibilità di operare per distincta membra (tecnica cui nel primo syntagma erano deputati i primi due pinaces) che permetteva un più ampio spettro di combinazioni, dalle quali potevano scaturire veramente risultati sempre diversi.
Sulla base di queste considerazioni possiamo affermare che la composizione basata sui pinaces del secondo syntagma consente all’operatore una esigua libertà di azione e di variazione del proprio materiale, anche se assicura nell’immediato risultati che gratificano il compositore dilettante, grazie alle clausulae preparate secondo gli eclatanti artifici del contrapunctus floridus.
I pinaces per il contrapunctus floridus contengono una tale varietà di clausulae da rendere utopico il progetto di descriverne dettagliatamente in questa sede il contenuto; è possibile solo riconoscere alcune strutture generali.
In ambito contrappuntistico Kircher attribuisce una grande importanza alla dimensione verticale e armonica dello scorrere delle parti rispetto alla rigorosa considerazione dello sviluppo lineare che era tipica della polifonia vocale del XV e XVI secolo. Nel syntagma _dedicato al _contrapunctus floridus Kircher cerca di ottenere una sintesi fra la tendenza italiana che considerava preponderante la voce superiore rispetto alle altre (cui si destinava la funzione di accompagnamento), e l’atteggiamento tedesco, che ancorando la condotta polifonica al basso continuo distribuiva il materiale melodico in tutte le voci.[66] Infatti nei pinaces non troviamo clausulae nelle quali la voce superiore sia dominante, ma il movimento è distribuito uniformemente.
Generalmente non si tratta di un contrappunto rigoroso, ma ci si trova piuttosto di fronte ad un armonia a quattro parti arricchita di ritardi e note di passaggio.
Molto raramente è possibile individuare musarithmi strutturati in forma fugata,[67] con le voci che riprendono la stessa breve formula tematica con entrate successive che partono sul I, V, I e ancora V grado.
Non è impossibile riconoscere tipologie ricorrenti nella condotta armonica di questi quattro gruppi. I musarithmi relativi al primo verso terminano nella stragrande maggioranza dei casi sul primo grado; solo nel 25 per cento circa dei casi è possibile osservare una cadenza sospesa sul quinto grado. I musarithmi relativi al secondo e terzo verso di ogni strofa hanno invece un andamento più libero, anche se, in questo caso, minore è la varietà delle cadenze che chiudono la sequenza. Infatti questi musarithmi si concludono nel 50 per cento circa dei casi sul quinto grado con una cadenza II-V; nel 20 per cento troviamo una cadenza sul sesto grado (III-VI), e sempre nell’ordine del 20 per cento è la ricorrenza delle conclusioni sul terzo grado; molto più rari (10 per cento) i movimenti conclusi sul quarto grado, che comunque sono esclusivo appannaggio del verso finale e quindi devono esser scartati nei versi intermedi. I musarithmi relativi al quarto verso di ogni strofa sono i più regolari: la cadenza perfetta I-V ricorre in oltre il 90 per cento dei casi.
10. Tecniche di variazione
Kircher non manca mai di sottolineare le immense potenzialità di variazione che la combinatoria assicura al suo metodo compositivo. In ogni caso, per ovviare all’eventuale uniformità del tessuto armonico risultante dal semplice assemblaggio dei musarithmi, Kircher elaborò alcuni metodi per manipolare il materiale musicale, passibile di quattro operazioni che apportano alcune variazioni senza modificare la struttura del musarithmus. Abbiamo quindi queste tre possibilità:
- traspositio musarithmorum
- mutatio tonorum
- mutatio rationis valorum tonorum
La traspositio musarithmorum consiste nello scambio delle voci all’interno di un musarithmus: fatta eccezione per la linea del basso, le rimanenti tre linee possono infatti essere assegnate a una qualsiasi delle tre voci superiori, non solo per variare il tessuto sonoro ma anche per ragioni pratiche legate all’estensione di ogni singola voce.
La mutatio tonorum viene presentata come una modulazione: l’applicazione di questa tecnica richiede che il compositore consideri il movimento cadenzale del musarithmus.[68] Fermo restando che il brano deve iniziare e terminare nello stesso tono, il compositore può passare a tonalità che si trovano una terza, una quarta e una quinta sopra la tonalità di partenza. Kircher enuncia una sola regola, che in ogni caso non deve conoscere deroghe:[69] mai passare da un tono in signatio dura a un tono con signatio mollis e viceversa. Le operazioni sono semplici: una volta concluso il musarithmus su una triade che non sia quella sul primo grado basta applicare i numeri harmonici dei musarithmi ad una nuova colonna di note, precisamente quella del tono che ha come primo grado la fondamentale dell’accordo su cui abbiamo concluso la cadenza.
11. Musurgia rethorica
La mutatio rationis valorum notarum consiste, come dice il nome, nell’uso variato degli schemi ritmici forniti per ciascun pinax nel caso dei musarithmi elaborati per il contrappunto semplice isocrono.
Arte del Trivio, legata alla parola, la Retorica si trova durante l’epoca barocca in rapporti molteplici e complessi con la musica: essa gioca un ruolo non secondario in tutta la Musurgia Universalis, è fondamentale nella tecnica della musurgia mirifica e le viene riservata un’intera sezione all’interno dell’ottavo libro.
Il compositore barocco applicava nel proprio lavoro le regole dell'ars oratoria:[70] egli utilizzava uno schema logico che attraverso le tre fasi primarie dell'inventio, dispositio ed elocutio ritmasse le fasi della composizione. Se nell'ars oratoria l'inventio consisteva nell'invenire quid dicas, in campo musicale si trattava di scegliere od inventare un tema musicale; nella dispositio si doveva inventa disponere, cioè predisporre un piano di svolgimento dell’opera e definire il percorso da seguire; con l'elocutio l’oratore provvedeva ad ornare verbis, cioè a rivestire di parole il proprio progetto, così come il compositore doveva rendere udibile in musica la struttura architettata.[71]
L’applicazione della retorica alla composizione musicale comporta un momento nel quale la musica non si attiene più al metro del testo in modo vincolante, ma lo illustra con un libero sviluppo delle parti; nel rapporto con la retorica si evidenzia la finalità assegnata principalmente alla musica barocca: la mozione dei sentimenti. Il ruolo dell'elocutio come repertorio di moduli espressivi si lega alla mozione degli affetti. L'affectus è qualcosa di diverso dal sentimento soggettivo, è un’astrazione delle situazioni affettive del testo, stilizzate dalla convenzione culturale e pertanto il compositore si vale del repertorio di figure musicali confidando che si tratti dei morfemi della passione.
Tale livello alto della composizione viene chiamato musica pathetica.[72] La musurgia rhetorica copre la funzione della musica pathetica entro il contesto della musurgia mirifica. Dopo aver affermato che la musica è in grado di infondere nell’animo dell’uomo fondamentalmente tre affectus: laetitia, remissio, misericordia,[73] e che dalla varia gradazione di questi tre affetti deriva la grande varietà espressiva della musica, Kircher si dedicò alla trattazione degli ornamenti della musurgia rhetorica,[74] ed esaminò le principali figure retorico-musicali.[75] Secondo Kircher la figura consisteva nell’ambito musicale in un gruppo di note che connotava un certo affectus: “nos tropos […] nihil aliud esse dicimus, quam certas Melothesiae periodos, certam animi affectionem connotantes”.[76]
Kircher si sentì spinto all’esame delle figurae nel tentativo di porre le basi del terzo syntagma dedicato alla musurgia rhetorica: dal momento che il metodo compositivo era basato su tabelle che fornivano il materiale musicale di base, sarebbe stato indispensabile individuare nell’insieme variegato delle forme espressive una serie di tipologie, le figurae, appunto. Se fosse stato possibile codificare la libera espressione dell'affectus, Kircher avrebbe potuto per converso giustificare l’ambizioso progetto di creare tabelle che consentissero una composizione libera ma descrivibile con regole.[77] Come già affermato in precedenza, non esiste alcuna traccia dei pinaces relativi al terzo syntagma, che rimase solo come velleitario progetto nella scia di Raimondo Lullo,[78] nel filone dei grandi progetti combinatori del barocco: le lingue universali, le enciclopedie come quadri del mondo.[79]
Nel contesto della musurgia mirifica è infatti del tutto assente il momento dell'inventio; l’autore non deve creare melodie o prendere a prestito alcun materiale tematico, perché gli viene fornita direttamente la materia musicale: nelle intenzioni di Kircher l'inventio è sostituita dal serbatoio dei moduli espressivi rubricati dall'elocutio. Relegando il ruolo della inventio a mero inventario di musarithmi Kircher determina il ruolo cruciale della dispositio, momento in cui il compositore effettua tutte le scelte che modellano la sua composizione: scelta del musarithmus, del tempo, del tono d’impianto. Nell’ambito della musurgia rhetorica _Kircher mostrò di sperare non solo nella realizzazione di un repertorio di _musarithmi che esaurisse le possibilità espressive, ma ancor più nella creazione di un sistema di regole che sovrintendesse all’universo retorico dell’espressione: la doppia utopia di Kircher consistette nel credere che potesse darsi libertà creativa non solo a partire da un limitato anche se ampio numero di casi ma anche attraverso una serie di operazioni combinatorie che rendessero meccanico, automatico e quindi inevitabile il rapporto fra segmento musicale al minor grado di strutturazione (il musarithmus) e la sua elaborazione nei più diversi stili musicali.
12. Conclusioni
La musurgia mirifica ha mostrato di funzionare soprattutto come gioco di assemblaggio di sequenze musicali preordinate, che trova un punto di forza nell’essere ispirato alle tecniche della combinatoria: anche avendo a disposizione un limitato numero di musarithmi,[80] il compositore è in grado di realizzare concatenazioni di sequenze di accordi sempre diverse. Si tratta di un modo di procedere che come abbiamo già sottolineato evita intrinsecamente la ripetizione di sequenze già utilizzate. A mio giudizio la musurgia mirifica è una tecnica dalle potenzialità rivoluzionarie: tuttavia l’impianto generale del progetto è privo di quell’inquadramento che avrebbe consentito di raggiungere completamente l’obiettivo. Si può infatti affermare che in queste pagine dell’ottavo libro della Musurgia Universalis sono registrate le vestigia superstiti di un successo mancato: forse avrebbe potuto fiorire uno strumento poietico dalle sofisticate possibilità; fu ridotto dal suo stesso ideatore al rango di giocattolo di società per amor di semplicità ed esigenze di “pubblico” o di committenza, quando non per scarsa consapevolezza del proprio operato.
Nelle pagine dell’ottavo libro “de Musurgia Mirifica” appare palese una grande ansia di semplificare, denunciata in primo luogo dalla scarsa cura che Kircher pose nell’affrontare le motivazioni di una vasta serie di norme che lui stesso aveva enunciate, e soprattutto dal non aver voluto approfondire gli spiragli più innovativi aperti dalla musurgia mirifica. Paradossalmente tale furia semplificatoria lo spinse, è mia opinione, a dedicare alla musurgia combinatoria e alla musurgia poetica pagine compilatorie astrattamente teoriche dal tono vagamente imbonitorio, avulse dal contesto dell’opera, assumendo un atteggiamento che lo costrinse a porre l’aspirante utente della musurgia mirifica nel ruolo dell’adepto cui si richiede un atto di accettazione fideistica,[81] atteggiamento quanto mai singolare nel contesto di un’opera che si proponeva di essere enciclopedica ed universale.
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