La musurgia mirifica di Athanasius Kircher
1. Un uomo e un libro universali
Nel 1650 Athanasius Kircher pubblicò a Roma la Musurgia Universalis:[1] lungo 1152 pagine in folio egli si dedicò alla sistematica esposizione delle basi teoriche e pratiche della musica. Senza dubbio una delle parti per noi più oscure della Musurgia Universalis è l’ottavo libro «de Musurgia Mirifica», che destò invece l’interesse vivissimo dei contemporanei: questo studio intende portare un primo contributo al fine di colmare tale lacuna, non senza puntare alcuna luce sulla figura di Kircher e sull’intera sua opera musicografica più importante.[2]
Il gesuita Kircher godette in vita di una fama forse superiore ai suoi reali meriti che comunque non erano trascurabili: uomo di primo piano nella vita culturale, fu in contatto con tutti i principali scienziati, filosofi e uomini di cultura del suo tempo che frequentemente si rivolgevano a lui per conoscere il suo illuminato parere in merito ai più disparati argomenti.[3]
Athanasius Kircher nacque il 2 maggio 1601 a Geisa, presso Fulda, ultimo di nove figli.[4] Fu il padre, docente di teologia e musicista dilettante, ad avvicinarlo alla musica. Frequentò la scuola dei gesuiti a Paderborn e nel 1618 entrò nell’ordine. Nel 1622, nel quadro della guerra dei Trenta anni, dovette lasciare la città per sfuggire alle truppe del duca Cristiano di Brunswick, noto persecutore dei gesuiti. Peregrinò per alcuni anni: sacerdote nel 1628, nel 1629 fu nominato professore di matematica, filosofia e lingue orientali presso l’Università di Würzburg. Trasferitosi ad Avignone, avviò intensi studi sui geroglifici egiziani insieme a Nicolas Fabri de Peiresc.[5] Nel 1633 si accinse a spostarsi a Vienna, dove era stato chiamato da Ferdinando II per succedere a Keplero (morto nel 1631) nel ruolo di matematico imperiale. Il viaggio da Avignone a Vienna comportò una deviazione non prevista a Roma:[6] Urbano VII non lo lasciò più partire e lo nominò professore di matematica, fisica e lingue orientali presso il Collegio Romano, con l’incarico speciale di studiare i geroglifici.[7] Da allora Kircher rimase per sempre a Roma, se si eccettuano alcuni viaggi di studio ed un breve soggiorno a Malta fra il 1636 ed il 1637. Morì a Roma il 27 novembre 1680: il corpo venne sepolto nella Chiesa del Gesù, mentre il cuore fu tumulato nella cappella di Santa Maria della Mentorella a Guadagnolo, villaggio vicino Palestrina.
Kircher pubblicò circa quaranta libri,[8] nei quali intese abbracciare tutti i campi del sapere umano. Trovatosi a cavallo fra due epoche, sostenitore di un ideale unitario della conoscenza negato dalla specializzazione crescente nel mondo del sapere,[9] la figura di Kircher come studioso è stata travolta dalla successiva evoluzione delle scienze e le sue opere sono state spesso liquidate, talvolta non senza ragione, come inestricabili coacervi privi di sistematicità in cui le nozioni importanti sono mescolate alle fantasticherie. Kircher credeva nell’esistenza delle sirene e dei grifoni, era convinto della generazione spontanea degli insetti e persuaso della totale veracità testuale dell’Antico Testamento: nel considerare questi elementi, non ci si dimentichi che all’incirca negli stessi anni Boyle e Newton si dedicavano con serietà alle pratiche alchemiche, per non parlare delle speculazioni di Keplero sulle armonie cosmiche.[10]
La Musurgia Universalis mostra tutti i difetti imputabili alle altre opere di Kircher: senza ombra di dubbio nel suo complesso pare procedere talvolta in modo erratico o rapsodico. Si aggiunga poi la interdisciplinarità degli argomenti contenuti, senza dimenticare il fatto che Kircher si esprimeva in un latino dalla sintassi decisamente complicata: si comprenderà perchè la Musurgia Universalis sia stata poco esplorata dalla moderna musicologia. Così facendo si è ignorata tuttavia una delle più interessanti testimonianze della musicografia barocca.[11]
L’opera si articola in dieci libri divisi in due tomi.[12] Kircher prende le mosse dal suono naturale esaminato in una dimensione preartistica unitamente ad uno studio sulla fisiologia della voce (I libro); ragiona poi (II libro) circa l’origine della musica: in questo contesto inserisce un frammento da lui attribuito a Pindaro.[13] Nel III e IV libro Kircher si dedica alla speculazione teorica sulla divisione del monocordo e sulla scienza armonica.[14] Il V libro è un compendio di teoria della composizione.[15] Quindi Kircher si occupa degli strumenti musicali (VI libro): si tratta di una sezione molto interessante dal punto di vista storico-documentario. Il VII libro costituisce una delle principali fonti della teoria degli affetti barocca, di cui Kircher è uno dei più significativi teorici.[16] In questa sezione egli cercò di elaborare una propria personale classificazione degli stili musicali, distinguendo fra stylus impressus e stylus expressus, cioè fra determinazione antropologica (legata alle cause naturali e al genius loci di una nazione) e determinazione poetica (istituendo una tipologia dei generi legata alle caratteristiche strutturali).[17] Il IX libro tratta in modo fantasioso i misteriosi effetti della musica, ritenuta fra l’altro in grado di curare le malattie: secondo Kircher essa sarebbe stata efficace non solo contro il morso della tarantola, ma addirittura contro la peste. Il X libro costituisce una delle più importanti teorizzazioni della concezione barocca dell’armonia delle sfere:[18] Kircher affermò che l’intera compagine del mondo era determinata da un’intima armonia di tutti gli esseri, accordati fra loro da Dio, che egli definì supremo organista come già aveva fatto Keplero.
2. L’ottavo libro: una visione d’insieme
All’interno della Musurgia Universalis l’ottavo libro costituisce una sezione dalle dimensioni non indifferenti, che si estende per le prime duecento pagine del secondo tomo: si divide in quattro parti, le quali intendono esporre la materia in modo sistematico e progressivo. Nella «Musurgia Combinatoria»[19] e nella «Musurgia Rhythmica sive Poetica»[20] trovano posto rispettivamente un’esposizione dei principi generali delle tecniche combinatorie ed un breve trattato di prosodia e metrica: sono parti introduttive. La sezione più specifica del «Liber Octavus», la più ampia (139 pagine) e la più densa di contenuti è la «Pars III, Musarithmorum melotheticorum praxin exhibens».[21] Questa parte si divide a sua volta in tre grossi blocchi denominati «Syntagma I», «Syntagma II», e «Syntagma III».[22] Questa tripartizione rispecchia l’ampliarsi progressivo delle possibilità offerte dalla tecnica della musurgia mirifica. Inizialmente è possibile realizzare una semplice armonizzazione a quattro voci nota contro nota in contrapunctus simplex. In seguito è possibile utilizzare anche le note di passaggio nel contrapunctus floridus. Infine avrebbe dovuto essere contemplata la possibilità di comporre utilizzando tutti gli artifici in qualunque stile: questo ultimo stadio della musurgia mirifica, denominato musurgia rethorica, è rimasto concepito in astratto, delineato solo da scarne indicazioni di massima. Kircher giustificò la lacuna affermando che si trattava di qualcosa che non poteva essere divulgato indiscriminatamente; egli si riservò di svelare i dettagli della musurgia rethorica esclusivamente «solis Principibus, & summis Viris, Amicisque».[23] La naturale curiosità e il desiderio di entrare a far parte di tale comunità ristretta di privilegiati spinse molti a tentare in tutti i modi di convincere Kircher a trasmettere loro tali informazioni. Con ogni probabilità, per quanto è dato sapere, nessuno potè vantare un così grande privilegio: Scharlau, che nel suo saggio ha esaminato anche a tale proposito la corrispondenza di Kircher conservata a Roma,[24] non fa menzione alcuna di lettere o comunicazioni che confermino l’avvenuto passaggio di tali informazioni, mentre invece abbondano le lettere di richiesta e perorazione. Nel corso delle mie ricerche ho trovato un’unica vaga menzione (priva di altri riscontri) in merito a una qualche rivelazione fatta da Kircher: si trova in un passo di una lettera inviatagli dal duca di Brunswick: «Cognoscendae istius rei abstrusioris [la parte rimasta segreta] nos incesserat cupiditas […]. Commode autem supervenit subditum noster, Henricus Iulius Bluminus […] qui ea, quae ipsi Romae tecum colloquenti, tu ipse hac de re in mandatis dederas, nobis bona fide aperuit.»[25]
Nella quarta ed ultima sezione dell’ottavo libro, denominata «Musurgia Mechanica, sive de varia mobilium Musurithmicarum columnarum Metathesi sive transpositione»,[26] Kircher espose molto succintamente (solo quattordici pagine) l'arca musarithmica, uno strumento che egli aveva ideato per rendere più facile e veloce il lavoro di composizione secondo la musurgia mirifica.[27] Inoltre nei capitoli «Rabdologia Musurgica» e «Plectrologia Musarum»,[28] egli trattò altri metodi di composizione da lui escogitati in gioventù, tutti prodromi della musurgia mirifica.
Kircher dichiarò di aver voluto soprattutto supportare l’opera missionaria dei gesuiti che si servivano della musica per indottrinare le popolazioni con cui venivano in contatto.[29] I missionari avevano il problema di adattare alle melodie liturgiche della chiesa di Roma i testi che erano cantati nelle lingue indigene: i tentativi erano spesso infruttuosi o poco soddisfacenti. Kircher offrì a tutti la possibilità di comporre canti ad hoc per uno specifico testo in qualsiasi lingua. La musurgia mirifica venne molto apprezzata e contribuì in larga parte al successo della Musurgia Universalis. Trecento esemplari vennero distribuiti a padri della Compagnia giunti a Roma nel 1650 da ogni parte del mondo in occasione dell’elezione del nuovo Generale dell’Ordine: grazie ad essi l’opera conobbe una rapida diffusione in tutto il mondo.
Non c’è dubbio che il metodo di composizione della musurgia mirifica abbia mostrato di andare incontro anche alle esigenze di chi, musicae imperitus ma animato dall’interesse e spinto dalla curiosità per questo nuovo metodo, volesse dedicarsi con spirito amatoriale alla composizione musicale, saltando a piè pari le ostiche ed aride secche dello studio teorico.[30] Nel secolo del grande sviluppo della meccanica Kircher destò gli interessi dei nobili eruditi e degli intellettuali, che furono affascinati dalle prospettive del metodo combinatorio e meccanico contenuto nella musurgia mirifica, ma riscosse un maggior successo presso musicisti dilettanti, mai sazi della gioia ludica di poter finalmente «comporre»: Kircher ricevette molte lettere di entusiasti.[31] Questo fatto è interessante anche perchè rivela che già nel Seicento esisteva una fascia di persone che si dedicava per diletto alla pratica musicale.
3. La musurgia mirifica: un nuovo modo di comporre
Il «Liber Octavus de Musurgia Mirifica hoc est Ars Nova Musarithmica recenter inventa, qua quiuis etiam quantumuis Musicae imperitus, ad perfectam componendi notitiam breui tempore pertingere potest»[32] espone una rivoluzionaria tecnica di composizione riservata esclusivamente alla musica vocale.
Il metodo compositivo è basato sull’uso di tabelle chiamate tabellae melotacticae. Kircher affermò di averle elaborate utilizzando in modo peculiare le tecniche combinatorie:[33] esse contengono accordi a quattro voci cifrati seguendo le convenzioni del basso continuo.[34] Ciascuna tabella melotactica, chiamata anche pinax (termine sinonimo di tabella), contiene le sequenze preparate per collimare con uno specifico metro poetico,[35] unitamente a vari schemi di notae metrometrae, vale a dire un certo numero di strutture ritmiche da applicare alle note.[36] Le notae metrometrae, divise in strutture in tempo binario e strutture in tempo ternario,[37] possono essere applicate senza restrizioni a qualunque sequenza di note del pinax. Ogni sequenza così preparata viene definita musarithmus: «Musarithmum […] nihil aliud dicimus, quam harmonicorum numerorum certis pedibus metricis correspondentium atque in pinaces seu tabulas methodicas redactorum aggregatum».[38] I musarithmi si presentano come insiemi di cifre disposte su quattro righe :[39]
553233 875777 323455 868733
Nell’esempio il blocco si riferisce ad un singolo verso di sei sillabe: la lettura è melodica su ogni riga da destra verso sinistra, armonica dal basso verso l’alto; ogni accordo corrisponde ad una sillaba del testo da musicare. Le quattro linee orizzontali si riferiscono alle quattro parti tradizionali dell’armonia vocale: bassus, tenor, altus e cantus.
La composizione vera e propria consiste nell’assemblare in successione diverse sequenze di accordi cifrati, cioè vari musarithmi: «Constitit autem haec nova nostra Musurgia maxime in artificiosa Tabellarum melotacticarum artificiosa combinatione; qua quomodolibet facta nova semper neceßario emergat harmonia».[40] Punto di partenza è il testo: il compositore (sarebbe meglio dire l’operatore) che utilizzi la musurgia mirifica deve prendere in considerazione il contenuto affettivo complessivo, il numero delle sillabe e la distribuzione degli accenti: queste variabili determinano la scelta di una piuttosto che di un’altra serie di musarithmi, così come influenzano la scelta di un tono piuttosto che di un altro.
Vediamo in un esempio pratico come i tre centri motori della tecnica compositiva kircheriana: testo, musarithmi e notae metrometrae interagiscano per condurre al risultato finale. Seguiamo Kircher che ha deciso di utilizzare per il suo primo esempio pratico il «Veni Creator Spiritus»,[41] il noto inno di Rabano Mauro (morto nel 856), isolandone i primi quattro versi:
Veni Creator Spiritus Mentes tuorum visita Imple superna gratia Quae tu creasti pectora.
Per prima cosa è necessario scegliere il tono di impianto della composizione in base al contenuto affettivo del testo. Per fare ciò l’operatore ha a disposizione una mensa tonographica (Tavola 1):[42] una tavola che espone il sistema delle scale utilizzabili nella musurgia mirifica. Kircher ha fornito dodici sistemi di scala descritti secondo la cifratura dei numeri harmonici. La cornice di insieme è tradizionale: riecheggiando Glareano, Kircher afferma che la mensa tonographica «nihil aliud est, quam 12 Tonorum iuxta 7 diapason species in columnis unicuique tono proprijs, secundum numeros suos harmonicos repraesentatio».[43] Ciascun tono è designato con il nome dell’antica terminologia,[44] e per ognuno di essi viene fornita una stringata descrizione affettiva: nonostante questa facciata tradizionale, però, Kircher esibisce in questo contesto dodici scale riconducibili quasi tutte ad una bipolarità fra modo maggiore e modo minore armonico.[45]
Dovendo musicare il «Veni Creator Spiritus» sarà particolarmente appropriato il tono sesto Hypolydius: impostato sul Fa, con signatio mollis, cioè con il Si bemolle, è indubitabilmente una scala di Fa maggiore. Secondo Kircher tale tono bene illustra lo spirito del testo di Rabano, caratterizzato da «spem & fiduciam in divina misericordia».[46]
Scelto il tono l’operatore della musurgia mirifica dovrà trascrivere la colonna della mensa tonographica relativa ad esso, accostando le lettere alle cifre:
- Fa
- Mi
- Re
- Do
- Si (bemolle per via della signatio mollis)
- La
- Sol
- Fa
Bisogna poi preparare il palimpsestus phonotacticus, vale a dire un sistema di quattro pentagrammi (per le quattro voci) con le chiavi musicali appropriate. Quindi l’operatore deve far riferimento ad uno specifico pinax dal quale ricavare le note che dovranno poi essere trascritte. Egli deve scegliere il pinax (o tabella melotactica) adeguata alla struttura metrica, cioè al numero di sillabe e alla quantità della penultima sillaba del verso: lo soccorrono in questo caso le nozioni esposte nella «Pars II de Musurgia Poetica». Nell’esempio in questione si constata rapidamente che si tratta di un octosyllabum con penultima sillaba breve cui è relativo il «Pinax VI» (Tavola 2).
Procediamo con le operazioni: scegliamo dal pinax quattro musarithmi per musicare i primi quattro versi del testo:
55555555 33334334 33287667 54328878 77778778 88888888 88235545 86543523 22233223 55566556 33482222 34568555 55538558 88864884 88765225 82346558
Ora rimane ancora da decidere se la scansione del tempo debba essere binaria o ternaria, quindi si dovrà operare una selezione fra le notae metrometrae all’interno della tabella scelta.[47]
Ormai le cose sono molto semplici, in quanto rimangono da compiere unicamente azioni ripetitive: dopo aver diviso il testo in sillabe si dovrà assegnare ad ognuna di esse un numerus harmonicus ed una nota metrometra, quindi trascrivere il tutto per ottenere l’armonizzazione esposta nell'esempio musicale 1.
Il procedimento non cambierebbe se si volesse utilizzare i musarithmi preparati per il contrapunctus floridus: di nuovo si dovrebbe far riferimento al pinax specifico per il metro poetico utilizzato nel testo da musicare; di nuovo si dovrebbe scegliere un tono e si dovrebbero asseblare le successioni di note per ciascun verso, quindi si dovrebbe trascrivere le note in base alla cifratura e allo schema di notae metrometrae che in questo caso non sono intercambiabili fra i vari musarithmi ma sono specifiche per ciascuna sequenza di note.[48]
Ecco un breve esempio basato sempre sul testo del «Veni Creator Spiritus». Si prenda questo musarithmus per musicare il primo verso:
155654343232343234353223 48821717176516712171 85565436545555 488287851
Realizzata nel solito tono Hypomixolydius (Fa maggiore) la sequenza di note risulta strutturata così come risulta dall'esempio musicale 2.
La frase è una semplice successione di accordi con note di passaggio; si nota l’elementare imitazione tra le voci. Tanto in questo come nel precedente esempio si nota chiaramente come il linguaggio musicale abbia una decisa strutturazione tonale.
La musurgia mirifica è soprattutto un gioco di assemblaggio di sequenze musicali preordinate. Questo assemblaggio trova un punto di forza nell’essere ispirato alle tecniche della combinatoria: anche avendo a disposizione un limitato numero di musarithmi,[49] l’operatore è in grado di realizzare concatenazioni di sequenze di accordi sempre diverse. Si tratta di un modo di procedere che evita intrinsecamente la ripetizione di sequenze già utilizzate. Non evita una certa monotonia, perchè la struttura musicale dei musarithmi non è molto consistente, e alla fin fine le voci girano e rigirano senza che mostrino di voler andare da qualche parte, o di sapere dove andare. Il meccanismo tuttavia funziona egregiamente, e l’accusa di monotonia è dovuta a cause più accidentali che sostanziali, in particolare allo scarso spessore di Kircher come compositore: con musarithmi meglio strutturati, magari con un certo numero di regole di collegamento,[50] i risultati avrebbero potuto essere molto più esaltanti.
Per ovviare all’eventuale uniformità del tessuto armonico risultante dal semplice assemblaggio dei musarithmi, Kircher elaborò alcuni metodi per manipolare il materiale musicale, passibile di quattro operazioni che apportano alcune variazioni senza modificare la struttura del musarithmus. Esse sono:
- traspositio musarithmorum
- mutatio tonorum
- mutatio rationis valorum tonorum
- processus per distincta membra
La traspositio musarithmorum consiste nello scambio delle voci all’interno di un musarithmus: fatta eccezione per la linea del basso, le rimanenti tre linee possono infatti essere assegnate a qualunque voce, non solo per variare il tessuto sonoro ma anche per ragioni pratiche legate all’estensione di ogni singola voce. La mutatio tonorum viene presentata come una modulazione, mentre si tratta di un cambiamento ex abrupto piuttosto che di un movimento preparato e concluso.[51] La mutatio rationis valorum notarum consiste, come dice il nome, nell’uso variato degli schemi ritmici forniti per ciascun pinax nel caso dei musarithmi elaborati per il contrappunto semplice isocrono.
Il processus per distincta membra[52] merita un discorso a parte: esposto come tecnica di variazione, senza valenza strutturale, in realtà comporta l’assemblaggio non di interi musarithmi ma di segmenti, discriminati solo in base alla quantità della penultima sillaba del segmento di verso. Tale tecnica comporta l’uso dei primi due pinaces forniti da Kircher, che non contengono strutture musicali modellate su un verso completo, articolantesi come frasi musicali compiute, ma espongono un materiale musicale che offre frammenti di musarithmus articolati su frammenti di verso. Questi segmenti potranno essere utilizzati come le tessere di un mosaico per musicare un qualsiasi testo, che preventivamente dovrà essere scomposto in parti costituenti che andranno trattate singolarmente e successivamente riassemblate.[53]
La grande dote di questo metodo consiste nel non costringere l’operatore ad utilizzare lunghe frasi che poi è difficilissimo se non impossibile variare in modo soddisfacente: essa offre un numero di microsegmenti che possono essere assemblati fino a creare una frase musicale completa. Kircher, che aveva compreso la schiacciante potenzialità di questo procedimento,[54] non approfondì però l’argomento, perdendo la possibilità di ottenere un meccanismo poietico molto più efficace.
4.L’utopia della musurgia rethorica
L’applicazione della retorica alla composizione musicale comporta un momento nel quale la musica non si attiene più al metro del testo in modo vincolante, ma lo illustra con un libero sviluppo delle parti; nel rapporto con la retorica si evidenzia la finalità assegnata principalmente alla musica barocca: la mozione dei sentimenti, cosa che rende «l’operazione musicale un progetto comunicativo».[55]
Questo alto livello della composizione viene chiamato musica pathetica.[56] La musurgia rhetorica svolge la funzione della musica pathetica entro il contesto della musurgia mirifica. Dopo aver affermato che la musica è in grado di infondere nell’animo dell’uomo fondamentalmente tre affectus: laetitia, remissio, misericordia,[57] e che dalla varia gradazione di questi tre affetti deriva la grande varietà espressiva della musica, Kircher si dedicò alla trattazione degli ornamenti della musurgia rhetorica,[58] ed esaminò le principali figure retorico-musicali.[59] Secondo Kircher la figura consisteva nell’ambito musicale in un gruppo di note che connotava un certo affectus: «nos tropos […] nihil aliud esse dicimus, quam certas Melothesiae periodos, certam animi affectionem connotantes».[60] Kircher si sentì spinto all’esame delle figurae nel tentativo di porre le basi del terzo syntagma dedicato alla musurgia rhetorica: dal momento che il metodo compositivo era basato su tabelle che fornivano il materiale musicale di base, sarebbe stato indispensabile individuare nell’insieme variegato delle forme espressive una serie di tipologie, le figurae, appunto. Se fosse stato possibile codificare la libera espressione dell'affectus, Kircher avrebbe potuto per converso giustificare l’ambizioso progetto di creare tabelle che consentissero una composizione libera ma descrivibile con regole. Come già affermato in precedenza, non esiste alcuna vestigia dei pinaces relativi al terzo syntagma, che rimase solo come velleitario progetto nella scia di Raimondo Lullo,[61] nel filone dei grandi progetti combinatori del barocco: le lingue universali, le enciclopedie come quadri del mondo.[62]
Il destino del syntagma mancante conduce ad una riflessione. Esistono due livelli in cui la retorica compare all’interno della musurgia mirifica: accanto a quello superficiale, esplicito, in cui la retorica è trattata come parte della musurgia (il catalogo degli ornamenti retorici) si trova un livello profondo, in cui la retorica è il metodo di lavoro, la forma mentis di tutto il progetto kircheriano. Il compositore barocco applicava nel proprio lavoro le regole dell'ars oratoria:[63] egli utilizzava uno schema logico che attraverso le tre fasi primarie dell'inventio, dispositio ed elocutio ritmasse le fasi della composizione. Se nell'ars oratoria l'inventio consisteva nell'invenire quid dicas, in campo musicale si trattava di scegliere od inventare un tema musicale; nella dispositio si doveva inventa disponere, cioè predisporre un piano di svolgimento dell’opera e definire il percorso da seguire; con l'elocutio l’oratore provvedeva ad ornare verbis, cioè a rivestire di parole il proprio progetto, così come il compositore doveva rendere udibile in musica la struttura architettata. Kircher relegò il ruolo della inventio a mero inventario di musarithmi, e determinò il ruolo cruciale della dispositio, momento in cui il compositore effettua tutte le scelte che modellano la sua composizione: scelta del musarithmus, del tempo, del tono d’impianto. Nell’ambito della musurgia mirifica Kircher mostrò di sperare non solo nella realizzazione di un repertorio di musarithmi che esaurisse le possibiltà espressive, ma ancor più nella creazione di un sistema di regole che sovrintendesse all’universo retorico dell’espressione: la doppia utopia di Kircher consistette nel credere che potesse darsi libertà creativa non solo a partire da un limitato anche se ampio numero di casi ma anche attraverso una serie di operazioni combinatorie che rendessero meccanico, automatico e quindi inevitabile il rapporto fra segmento musicale al minor grado di strutturazione (il musarithmus) e la sua elaborazione nei più diversi stili musicali.
5.Conclusioni
La musurgia mirifica a mio giudizio espone una tecnica dalle potenzialità rivoluzionarie: tuttavia l’impianto generale del progetto è privo di quell’inquadramento che avrebbe consentito di raggiungere completamente l’obiettivo. Si può affermare che in queste pagine dell’ottavo libro della Musurgia Universalis sono registrate le vestigia superstiti di un successo mancato: forse avrebbe potuto fiorire uno strumento poietico dalle sofisticate possibilità; fu ridotto dal suo stesso ideatore al rango di giocattolo di società per amor di semplicità ed esigenze di «pubblico» o di committenza, quando non per scarsa consapevolezza del proprio operato.
Nelle pagine dell’ottavo libro «de Musurgia Mirifica» appare palese una grande ansia di semplificare, denunciata in primo luogo dalla scarsa cura che Kircher pose nell’affrontare le motivazioni di una vasta serie di norme che lui stesso aveva enunciate, e soprattutto dal non aver voluto approfondire gli spiragli più innovativi aperti dalla musurgia mirifica. Paradossalmente tale furia semplificatoria lo spinse, è mia opinione, a dedicare alla musurgia combinatoria e alla musurgia poetica pagine compilatorie astrattamente teoriche dal tono vagamente imbonitorio, avulse dal contesto dell’opera, assumendo un atteggiamento che lo costrinse a porre l’aspirante utente della musurgia mirifica nel ruolo dell’adepto cui si richiede un atto di accettazione fideistica,[64] atteggiamento quanto mai singolare nel contesto di un’opera che si proponeva di essere enciclopedica ed universale.
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