2. Caratteri generali
2.1 Cenni biografici
La fonte primaria per uno studio approfondito della vita di Athanasius Kircher è costituita dall’autobiografia manoscritta che ha fornito materiale a tutti i successivi lavori in quest’ambito:[1] essa copre il periodo che va dalla nascita sino al 1666.[2]
Athanasius Kircher nacque il 2 maggio (festa di sant’Atanasio) del 1601 (o 1602)[3] a Geisa, presso Fulda, ultimo dei nove figli di Johann Kircher e Anna Gansek. Il padre, dottore in filosofia e teologia oltre che musicista dilettante, era docente laico di teologia presso il convento benedettino di Seiligenstadt/Main.
Kircher affermò di aver ricevuto dal padre i rudimenti della propria cultura musicale ma non sappiamo se imparò anche a suonare uno strumento. Nella “Praefatio ad Lectorem” (MU A XIX) egli sostenne di aver pubblicato in Germania alcune sue composizioni che godevano di grande popolarità, ma si tratta di un’affermazione che non è possibile verificare in quanto Kircher dichiarò di essersi celato dietro uno pseudonimo che per altro non rivelò mai. Nello stesso passo il nostro autore dichiarò anche di aver inserito nella Musurgia Universalis alcune di queste composizioni.
Nel 1612 Kircher entrò nel collegio gesuita di Fulda; il 2 ottobre 1618 venne ammesso come novizio nel collegio gesuita di Paderborn, ma nel gennaio 1622 fu costretto a lasciare la città per sfuggire ai saccheggi e alle persecuzioni della guerra dei Trent’anni, riparando dapprima a Munster e successivamente a Colonia, dove proseguì i propri studi scientifici e umanistici. In seguito egli si recò a Coblenza e ad Heiligenstadt prima di giungere nel 1624 a Mainz, dove venne ordinato sacerdote nel 1628.
Dal 1629 Kircher si stabilì presso l’Università di Würzburg in qualità di professore di filosofia, matematica e lingue orientali, materie che insegnò successivamente anche ad Avignone. Qui entrò in contatto con Nicolaus Fabri de Peiresc,[4] col quale avviò intensi studi destinati a essere interrotti nel 1633, quando Kircher fu chiamato a Vienna per succedere a Keplero, deceduto nel 1631, nel ruolo di matematico presso la corte dell’imperatore Ferdinando II.
Kircher si trovò costretto a compiere il proprio viaggio passando attraverso l’Italia settentrionale dato che la Germania era troppo pericolosa per un gesuita: dopo molte vicissitudini[5] lo troviamo però a Roma, con ben poche intenzioni di raggiungere Vienna: grazie a una petizione inoltrata da Peiresc al papa, Kircher ottenne di poter restare per proseguire i propri studi sui geroglifici.
Nel 1638 Kircher venne nominato professore di matematica presso il Collegio Romano, incarico che mantenne per otto anni prima di esserne dispensato dall’insegnamento affinché potesse dedicarsi con totale impegno alle proprie ricerche. Mentre la sua fama si diffondeva in tutto il mondo egli non lasciò mai Roma, eccezion fatta per alcuni brevi viaggi di studio in Italia e un soggiorno a Malta fra il 1636 e il 1637 in qualità di confessore del langravio di Hesse-Darmstadt convertitosi in quegli anni al cattolicesimo. In occasione di tale soggiorno ebbe modo di visitare la biblioteca del convento di San Salvatore a Messina, scoprendo alcuni manoscritti con esempi di notazioni antiche che inserì nella Musurgia Universalis (MU A 213 e MU A 541-542).[6]
Athanasius Kircher morì a Roma il 27 novembre 1680 e il suo corpo fu sepolto nella Chiesa del Gesù. Il cuore venne invece tumulato a Guadagnolo, villaggio vicino a Palestrina, nella cappella di Santa Maria della Mentorella che Kircher aveva fatto ricostruire sulle rovine dell’antico santuario edificato nel luogo dove era avvenuta la conversione di Sant’Eustachio e la cui fondazione risaliva secondo un’iscrizione all’imperatore Costantino.
2.2 Athanasius Kircher, uomo universale
La vasta opera di Athanasius Kircher è distribuita in più di quaranta libri a stampa[7] e in oltre duemila fra manoscritti e lettere:[8] volerne condensare in poche pagine un excursus è impresa decisamente utopica, perché egli fu un poligrafo nel vero senso della parola: filosofo, filologo, teologo, scienziato, collezionista, sperimentatore. Ogni tentativo di definizione risulta drasticamente riduttivo: ad un tempo Kircher fu il padre della geologia,[9] uno dei primi autori ad avere trattato i germi,[10] il famoso traduttore dei geroglifici egiziani la cui fama durò sino alla pubblicazione nel 1824 dell’esatta decifrazione che Champollion realizzò grazie alla stele di Rosetta,[11] il realizzatore di una fra le maggiori opere enciclopediche barocche di argomento musicale, l’elaboratore di un sistema di logica e di un linguaggio simbolico,[fare una nota] il fondatore del più importante museo enciclopedico della sua epoca,[12] il progettista di macchine e automi musicali, l’inventore di giochi ottici e magnetici per cardinali e nobili,[fare una nota] il compilatore erudito delle prime conoscenze sull’Oriente riportate in Europa dai missionari gesuiti che con il proprio lavoro giocò un ruolo notevole nella definizione della politica missionaria della stessa Compagnia di Gesù.[13]
Ritengo tuttavia che sia possibile individuare il filo che lega una congerie così apparentemente disarticolata di ricerche. Per ottenere un tale risultato è necessario chiarire due punti distinti della figura di Athanasius Kircher: la pretesa scientificità delle sue ricerche e l’appartenenza, per di più in un ruolo non secondario, all’ordine gesuita.
Kircher visse sul limitare di un’epoca in cui la ricerca scientifica possedeva ancora aspetti magici e fu estraneo alla differenziazione che si andava delineando fra le varie scienze e fra queste e le arti, ovvero fra approccio quantitativo e qualitativo. Egli volle essere uomo universale in un’epoca che vedeva l’enciclopedismo rinascimentale cedere il passo alla specializzazione[14] ed è stato spesso rimproverato per la sua credulità in fenomeni che le epoche successive hanno bollato come superstizioni. Kircher credeva nell’esistenza delle sirene e dei grifoni, era convinto della generazione spontanea degli insetti e persuaso della totale veracità testuale dell’Antico Testamento: tutto questo gli è stato imputato come una colpa, ma forse ci si dimentica che all’incirca negli stessi anni Boyle e Newton si dedicavano con serietà alle pratiche alchemiche, per non parlare delle speculazioni di Keplero sulle armonie cosmiche.[15]
Consideriamo ora il secondo aspetto della figura di Kircher, ossia il suo essere gesuita: il pensiero di Kircher va infatti inquadrato all’interno della Chiesa della Controriforma, nel solco del grande disegno universalistico della Compagnia di Gesù,[16] e in questo quadro ogni singola opera del nostro autore, per quanto possa apparire erratica o rapsodica, si inserisce come una tessera in un mosaico.
L’ordine gesuita, assai impegnato sul fronte delle missioni, sosteneva una dottrina antropologica unitaria metafisicamente fondata: se da un lato l’apparente diversità di costumi non doveva far disperare della capacità dei popoli lontani e “selvaggi” di accogliere il messaggio di evangelizzazione, dall’altro tuttavia la necessità di adattarsi agli usi locali non doveva far temere la formazione di comunità eterogenee e disperse che sarebbero state irriconoscibili dall’autorità ecclesiale depositaria della tradizione.[17].
Kircher partiva infatti da
un modello cosmico a forte valenza simbolica, in cui neoplatonismo ermetismo e pitagorismo sono posti al servizio della religione cristiana, contrapponendosi alla situazione di crisi della tradizione aristotelica scolastica e alla avanzata del copernicanesimo e delle nuove scienze.[18]
Nell’opera di Kircher è presente un tema costante: l’ossessione di scoprire il nucleo unitario che stava alle origini dei fenomeni naturali e culturali, si trattasse di individuare le fonti greche o ebraiche della musica o di risolvere il problema della scaturigine di eruzioni vulcaniche e sorgenti.
Kircher fece propria l’idea di uno schema genetico delle culture e il suo lavoro di ricostruzione storica si ridusse pertanto alla compilazione di genealogie delle culture e in particolare delle diverse lingue e religioni.[19] Così facendo egli optava per una visione finalistica della storia universale che riuscisse a dar conto anche dei miti e delle leggende dei vari popoli e che trovava la propria giustificazione nell’esigenza di mostrare nel dipanarsi onnipresente del proprio filo incorruttibile il “carattere veramente cattolico dell’istituzione ecclesiastica, evitando il pericolo di una storicizzazione e relativizzazione del Cristianesimo”.[20]
Ecco il motivo del recupero del mito egiziaco,[21] che permetteva di ricollegare sotto il segno della discendenza da un’originaria sapienza prima le culture più lontane tra loro dal punto di vista storico e geografico; ecco la ricerca, attraverso la matematica e la musica, di una misura universale che razionalizzasse la molteplicità e la contraddittorietà delle forme di espressione: la scoperta di un’origine comune avrebbe costituito un elemento fortemente unificatore di fenomeni apparentemente eterogenei.
Ecco infatti come Kircher (MU A 47) definisce la musica:
Musica latissime sumpta nihil aliud est quam discors concordia vel concors discordia variarum rerum ad unum aliquod constituendum concorrentium.
Egli recuperò infatti quel deduttivismo matematizzante di origine pitagorica ed ermetica che aveva nel Timeo il suo modello.
Epitome di tutta l’attività di Kircher, della sua vocazione didattica e della sua grande capacità di visualizzazione appare il Museo Kircheriano,[22] specchio fedele della filosofia del suo fondatore, che lo costituì nel 1652 partendo dalla collezione che il signor Alfonso Donnini aveva donato ai gesuiti del Collegio Romano.
Il senso simbolico degli oggetti esposti aveva un grande valore, il che mostra come per Kircher ci fosse una sostanziale unità fra scienza e arte. Inserito nella lunga tradizione del collezionismo, il Museo Kircheriano presentava aspetti comuni alle raccolte rinascimentali e seicentesche: in esso tuttavia i materiali esposti trovavano una motivazione “in un’idea unificante che costruisce il Microcosmo del museo ad immagine e somiglianza del Macrocosmo”.[23] Kircher intendeva rappresentare infatti la realtà in tutte le sue forme e manifestazioni, esemplificata nelle diverse classi di oggetti.[24]
2.3 La musica nella visione di Kircher
Kircher ritenne la musica una chiave privilegiata per leggere il libro della natura: “Musica nihil aliud est quam omnium ordinem scire” (“Trismegistus in Asclepio”, MU B 1). Nelle armonie musicali risuonano le armonie del cosmo e quasi la natura stessa può essere detta fonte della musica. Platone nel Timeo pose tra il mondo delle forme intelligibili e il mondo della realtà fenomenica il modello del cosmo forgiato dal Demiurgo; l’armonia di tale modello era costituita da rapporti numerici, che costituivano la legge dell’universo cui ciascuna delle discipline matematiche contribuiva in modo coordinato.[25]
Nel libro conclusivo della Musurgia Universalis si disvela compiutamente il progetto di Kircher: istituire una propedeutica all’intuizione dell’armonia divina. L’uomo con i propri sensi non può percepire l’armonia delle sfere, ma la può afferrare per analogia, riconoscendola nei principi armonici che regolano la natura e che trovano compiuta manifestazione nella musica.
Il punto di contatto fra uomo, natura e musica è dato dall’approccio quantitativo, dal numero che è elemento primordiale e strutturale della musica: esso rappresenta il comune denominatore di queste tre realtà in quanto anche la natura e l’animo umano sono riducibili e riconducibili a rapporti numerici.[26]
2.3.1 La Musica, arte del Quadrivio
Per Kircher la musica è un’arte del Quadrivio e quindi rappresenta una parte della matematica (MU A 45 e sgg). All’interno della matematica egli distingue due scientiae purae che sono aritmetica e geometria; queste due discipline fanno discendere da sé due scientiae subalternatae, cioè due discipline applicate: dalla geometria deriva l’ottica e dall’aritmetica deriva la musica. Ogni scientia possiede un objectum specifico: la musica ha come oggetto il numerus sonorus che
nihil aliud est, quam numerus certam ad voces sonosque relationem dicens, qui & artificiose in corpore sonoro reperitur (MU A 45).
Il termine numerus sonorus e il suo sinonimo numerus harmonicus coprono per Kircher una vasta area semantica ed egli li utilizza in relazione a tre diversi referenti: il numero di vibrazioni di una corda sonora (MU A 422), il rapporto frazionario nella divisione del monocordo (MU A 45) e la cifratura del basso continuo (MU B 53).[27] Possiamo però ricondurre questi vari aspetti ad unità: numerus sonorus sta ad indicare nelle sue varie fenomenologie un evento sonoro divenuto nota, cioè trasformato dalla ragione in elemento dalla valenza musicale. Solo il numerus sonorus rende infatti possibile la trasformazione di un fenomeno acustico non regolato in un saggio dell’armonia musicale, fatto che Kircher pone come a priori nel proprio discorso.
Kircher (MU A 45) afferma che il numero è la causa formalis della musica, poiché
voces & soni sunt intervallorum harmonicorum materia, numeri & proportiones sunt eorundem forma.
Seguendo Boezio,[28] la musica viene divisa da Kircher in naturalis e artificialis: la prima comprende la musica mundana (la musica delle sfere, l’armonia degli elementi e il ciclo delle stagioni) e la musica humana (armonia del corpo umano). La musica artificalis, che corrisponde al concetto odierno di musica, si divide in organica e harmonica, vale a dire in musica pratica e musica speculativa: il musicus perfectus deve dominare entrambe con sapienza. Come infatti Kircher afferma in MU A 47:
Musicus theoricus ille dicitur, qui excluso sensu, sola ratione quaecumque in harmonica Musica occurrere possunt, iudicat; Practicus vero qui solo sensu innitens, causam suae operationis ignorat.
Frequentemente Kircher bollò come musici practici quei musicisti che criticarono il metodo della musurgia mirifica: nel suo modo di vedere si trattava di gente che componeva a orecchio senza arte né sapienza. Al contrario Kircher criticò Mersenne che nella Harmonie Universelle si era comportato troppo da “philosophus” (MU A XX).
Se ne deduce quindi che, come sostiene Gino Stefani,
Veri musicisti, “musici perfecti”, saranno dunque coloro che, consapevoli dell’esercizio musicale occultamente insito in ogni evento cosmico e in ogni azione umana, sanno però leggere nell’attività musicale propriamente artistica le strutture musicali, cioè le proporzioni matematiche.[29]
Il numerus crea ordine e questo rende armoniche le vibrazioni sonore; Kircher opera una subordinazione degli elementi musicali ad argomentazioni di tipo matematico: l’ordine costituisce un metro di valutazione estetica: “pulchritudo & decor universi resultat ex optimo pulcherrimoque ordine” (MU A 211).
Non solo: il numero e l’ordine indicano una metodologia compositiva, come Kircher afferma (MU A 268):
Numerus, qui est regula & norma omnium, quid in Musico concentu obseruandum sit & quomodo infallibili ratiocinio eius ope procedere valeas, exacte docet.
L’ordine, che è correttezza, può essere descritto da regole, suscettibili di essere imparate. In definitiva Kircher ritiene che la ricchezza di una forma artistica provenga solo dal fatto di essere stata eseguita seguendo delle regole.[30] La manipolazione che segua regole basate in definitiva sulla matematica è per Kircher significativa almeno quanto il genio artistico nella formazione delle frasi musicali: decisiva non è l’ispirazione, non l’invenzione nuovi temi,[31] ma l’elaborazione e l’arricchimento del materiale già esistente.[32]
Questo conduce il musicus nel campo della Retorica.
2.3.2 Musica e Retorica
Arte del Trivio legata alla parola, la Retorica si trova durante l’epoca barocca in rapporti molteplici e complessi con la musica: essa gioca un ruolo non secondario in tutta la Musurgia Universalis, è fondamentale nella tecnica della musurgia mirifica e le viene riservata un’intera sezione all’interno dell’ottavo libro.
Nella sua massima estensione, come fu codificata per esempio da Quintiliano,[33] l'ars oratoria comprende cinque operazioni che sono in definitiva gli atti di una strutturazione progressiva del materiale espressivo: inventio ( invenire quid dicas, cioè trovare che cosa dire), dispositio ( inventa disponere, cioè ordinare in una struttura quel che si è trovato), elocutio ( ornare verbis, ovvero esprimere con belle parole ed espressioni colorite), actio ( agere et pronuntiare, ovvero recitare il discorso come un attore, curando dizione ed espressività), infine memoria (imparare a memoria il discorso). I primi tre punti sono i più importanti.
Possiamo distinguere due poli: un polo sintagmatico, ovvero l’ordine delle parti del discorso, cioè la dispositio, e un polo paradigmatico, le figure di retorica, cioé l' elocutio.[34] Pertanto da un lato la Retorica come dispositio è una tecnica, una procedura operativa, che mostra all’oratore i modi di collocazione delle grandi parti del discorso; dall’altro come elocutio è un repertorio di forme pronte per l’uso, un patrimonio di stereotipi cui attingere costituito nella convinzione che si tratti in realtà di forme archetipe dell’espressione.
In campo musicale valevano entrambe le polarità della Retorica.[35] Il compositore barocco applicava nel proprio lavoro lo schema logico dell' ars oratoria[36] e in questo caso l' inventio consisteva nell’inventare o scegliere un tema musicale, la dispositio nel predisporre un piano di svolgimento dell’opera e definire il percorso da seguire e l' elocutio era costituita dalle norme che il compositore avrebbe utilizzato per convertire in musica udibile la struttura architettata. Proprio nel campo dell' elocutio si sviluppò nel Seicento un’oratoria specificamente musicale, un codice lessicale ed ermeneutico di “figure retoriche musicali”.[37] Questo avvenne soprattutto in Germania per opera di alcuni teorici tedeschi, fra cui Joachim Burmeister e Johannes Lippius,[38] e determinò la diffusione del concetto di musica poetica. Appare chiaro che nell’ambito dell' _elocutio_oratoria e musica si trovano su posizioni non assimilabili, non essendo comparabili gli ornamenta o tropi verbali a quelli musicali.[39]
Il ruolo dell' elocutio come repertorio di moduli espressivi si lega alla finalità assegnata principalmente alla musica nel periodo barocco, la mozione degli affetti o affectus movere. L' affectus è qualcosa di diverso dal sentimento soggettivo, è un’astrazione delle “situazioni affettive del testo, stilizzate dalla convenzione culturale”,[40] pertanto il compositore si vale del repertorio di figure musicali confidando che si tratti dei morfemi della passione. Il musicista fa retrocedere il diletto a fine mediato e riflesso e quindi pone come obiettivo diretto e proprio l’espressione e la mozione degli affetti, mostrando di assumere l’operazione musicale come progetto di una comunicazione.[41]
In tale prospettiva la funzione emozionale è posta in subordine, perché il compositore programma il contenuto affettivo in relazione al testo che deve musicare: nel suo progetto prevale la comunicazione. Fondamentale in tutto ciò è la fase della dispositio: apprestandosi a elaborare un piano di svolgimento per la propria opera il compositore deve affrontare in questa fase alcune decisioni determinanti: la scelta del tempo, della scansione ritmica, della velocità e del tono di impianto sono passi che delineano l’assetto generale di una composizione senza che sia stata scritta e/o pensata una sola nota.
Nel contesto della _musurgia mirifica _è infatti del tutto assente il momento dell' inventio; l’autore non deve creare melodie o prendere a prestito alcun materiale tematico, perché gli viene fornita direttamente la materia musicale: nelle intenzioni di Kircher l' inventio è sostituita dal serbatoio dei moduli espressivi rubricati dall' elocutio.
Tuttavia, in merito alla potenza psicagogica della musica, Kircher è contraddittorio e talvolta assume una posizione di retroguardia: non sembra considerare che gli affetti siano stilizzazioni filtrate da convenzioni culturali, ma al contrario afferma che se la musica ha il potere di infondere passioni anche violente nell’animo ciò è dovuto alla natura dello spirito, che è emanazione strumentale dell’anima, descrivendo un processo che avviene per simpatia o per analogia.[42] Nei capitoli “Quomodo numerus harmonicus affectus moveat” e “Vtrum diuersi Toni, diversis affectibus respondeant, & quaenam huius rei sit causa” (MU A 552 e MU A 555) Kircher afferma che l’animo, seppur impalpabile, è qualcosa di materiale che può entrare in risonanza con le vibrazioni musicali, e pertanto da tale causa materiale derivano le passioni: in MU A 212 infatti egli afferma che il numero, causa formale della musica, è
totius harmoniae anima, numerus harmoniosus seu proportio musica, quam tandem harmoniosus aër, eadem proportione affectus, auribus sistit, aures animo communicant.[43]
Tutto questo è tipico di Kircher, legato saldamente alla tradizione ermetica e ai motivi della magia. Comunque sia, per noi è importante sottolineare che in entrambi i casi l' elocutio rimane sempre un repertorio di modelli che possono essere forme dell’espressione delle passioni oppure possono essere ritenuti morfemi delle forze archetipiche che muovono l' affectus: nell’ambito della musurgia mirifica vedremo che conta soprattutto la loro funzione di repertorio di forme standardizzate. Le figure retoriche musicali possono essere strumento di un’operazione per sympathiam oppure parti di un’operazione comunicativa: rimane il fatto che il ruolo da esse giocato è cruciale per Kircher.
2.4 Musurgia Universalis: un libro universale
La Musurgia Universalis è una vasta opera di carattere enciclopedico, esclusivamente dedicata ad argomenti musicali: il voluto richiamo nel titolo alla Harmonie Universelle di Mersenne mostra che Kircher intendeva realizzare una trattazione sistematica delle basi teoriche e pratiche della musica, senza trascurare tutto quanto potesse concernere il fenomeno sonoro e musicale sotto tutti i punti di vista.
Programmaticamente divisa in dieci libri, la Musurgia Universalis reca come motto il verso di un salmo, “in decachordo salterio psallam tibi”, già utilizzato da Kircher per la Ars Magna Lucis et Umbrae, opera anch’essa divisa in dieci sezioni. Il numero dieci era considerato sommo dai pitagorici perché risultante dalla somma delle cifre della tetraktis (1+2+3+4).[44] Il valore mistico del numero dieci era sopravvissuto in epoca medievale, tanto da far ritenere che tutto quanto fosse costituito da dieci parti venisse a essere caratterizzato da una indistruttibile armonia. Kircher vede nel numero dieci un simbolo della divinità: tutta la materia dell’opera si venne disposta come un percorso e un’ascesa, e il materiale
non [è] accumulato, ma distribuito in dieci libri che costituiscono per volontà dell’autore un’armonia di dieci note, una salita cristiano-platonica da questo mondo del buio alla meta più alta, la vista della lux luminum.[45]
Seguendo il percorso tracciato dalla Musurgia Universalis il lettore compirà un’ascesa che gli apporterà nuove conoscenze e lo renderà più ricco intellettualmente e spiritualmente: il primo libro inizia con la spiegazione delle più semplici manifestazioni sonore e il decimo si chiude con l’esposizione dell’armonia di Dio. Nel corso della Musurgia Universalis la posizione del lettore si eleva da quella dello scolaro, che attende un avviamento alla dottrina elementare, fino a quella di un credente interiormente cresciuto e rafforzato, che si riconosce come parte formante dell’armonia del mondo divino.
Prima di esaminare nel dettaglio l’ottavo libro è opportuno passare in rassegna il contenuto delle altre parti della Musurgia Universalis. Sia pure in modo estremamente conciso, senza perdere di vista la nostra meta finale, cercheremo di evidenziare via via i tratti più specifici e originali dell’opera e soprattutto quelli più utili al nostro studio.
2.4.1 Liber I. Physiologicus
In questo libro (MU A 1-42) Kircher si occupa del suono dal punto di vista naturale e preartisitico: esamina gli aspetti fisici e anatomici della produzione e propagazione dei suoni. Egli tratta altresì l’anatomia dell’udito e la fisiologia dei processi uditivi.
2.4.2 Liber II. Phylologicus
In questa sezione (MU A 43-79) Kircher mostra il passaggio dal suono bruto alla musica: “Quoniam vero sonos huiusmodi inconditos […] in ordinem redactos […] successu temporum humana expoliuit industria” (MU A XVIII). Ecco quindi la necessità di affrontare la questione dell’origine della musica, attribuita a Jubal iuxta l’auctoritas della Sacra Scrittura. Kircher esamina dettagliatamente la prassi musicale e gli strumenti presso gli Ebrei e i Greci (MU A 47-66 e MU A 67-79).
In questa sezione Kircher espone pure la propia personale classificazione della musica (“De diuisione & definitione Musicae” MU A 47 e sgg.).[46]
2.4.3 Liber III. Arithmeticus
La musica necessita del numero per essere compresa, e quindi “Cum vero huiusmodi sonos sine numeris, & proportionibus minime concipi posse cognoscere” Kircher espone la teoria “de varijs numerorum harmonicorum formis” (MU A XVIII). Pertanto viene in questa sezione (MU A 80-158) esaminata la scienza delle proporzioni numeriche: si tratta di un lavoro compilatorio basato sulla letteratura già nota nel Medio Evo.
In questa sezione vengono esaminati i vari intervalli musicali all’interno dell’ottava: l’universo del discorso è il sistema pitagorico, e man mano che l’esposizione procede Kircher realizza un ibrido fra scala pitagorica e zarliniana, peraltro mai nominata. Il connubio forzoso è evidente quanto mai nel “Typus diuisionis toni” (MU A 103), in cui gli intervalli greci sono mescolati agli intervalli zarliniani, unitamente ad altri che, richiamandoci a Didimo, possiamo definire comuni ad entrambi i sistemi.[47]
Dopo la trattazione del Systema Guidonis (MU A 114), Kircher espone i tre generi del tetracordo: diatonico, cromatico, enarmonico nel capitolo “De triplici genere musicae” (MU A 137). Egli si rifà in questo caso espressamente agli autori dell’antica trattatistica: Aristosseno, Archita, Didimo, Eratostene, autori di cui dichiara di avere presso di sè i manoscritti; la sua fonte più diretta però è soprattutto Tolomeo.[48] Successivamente divengono oggetto di studio le varie specie degli intervalli di quarta, quinta e ottava, esposte nel capitolo “De speciebus Diatessaron, diapente & diapason” (MU A 146-150). Le varie specie di questi intervalli sono determinate dalla posizione del semitono, definito “diversitatis tonorum causa pro diversa sua in tetrachordis dispositione” (MU A 147): l’intervallo di quarta ha tre specie, la quinta ne ha quattro e l’ottava, che è la somma di una quarta più una quinta, possiede sette specie diverse.
Parlando della natura del tono Kircher accenna al sistema zarliniano, pur senza nominarlo, affermando che “Nonnulli videntes tonum quemlibet duplicem esse minorem & maiorem” (MU A 147) amplia il numero delle possibili specie degli intervalli, in seguito alla duplicità del tono, grande e piccolo.
Giungiamo quindi alle sezioni “Caput XV. De modis musicis” (MU A 151) e “Caput XVII. De modernis modis” (MU A 154). Il modus viene così definito in MU A 151:
certa quaedam musici concentus formandi ratio, in principio, medio & fine ad certam tum intensionis remissionisque aequalitatem, tum concentus affectionem formandam instituta: modi sunt harmoniae genera … totius harmonicae varietatis causa & origo, idemque in musica faciunt, quod in dialectica figurae sillogismorum.
Il numero dei modi viene variamente considerato dagli autori, e secondo Kircher i modi moderni dovrebbero essere quattordici, “iuxta duplicatas 7 Diapason species” (MU A 152, 154): tuttavia egli non prende una posizione, così come si astiene dal dirimere in questa sede il problema dell’ordine con cui sistemare i modi, mentre nell’ambito della musurgia mirifica egli fornì una propria versione (MU B 50).
2.4.4 Liber IV. Geometricus
In questo libro (MU A 159-210) il discorso sugli intevalli musicali viene ripreso attraverso la divisione del monocordo: “corporum sonorum […] in theorica Musica rationem per variam monocordi diuisionem assignare conatus sum” (MU A XVIII). [Mi pare che ci sia un’enorme discrepanza rispetto al testo originale. controllare.]
La musica infatti può essere considerata scientia subalternata anche della geometria “Cum praeterea sonorum scientiam, magnam Geometricae scientiae partem sibi vendicarem notarem” (MU A XVIII). Kircher utilizza questa metodologia espositiva anche per il valore visuale delle rappresentazioni, rispetto alla concettosità astratta delle proporzioni fra numeri.
2.4.5 Liber V. Melotheticus
Si tratta della sezione più ampia di tutta Musurgia Universalis (MU A 211-414): in essa Kircher espone le regole della composizione musicale, la symphoniurgia, cioè “De componendarum omnis generis Melodiarum nouà, verà, certa ac demonstratiuà ratione” (MU A 211). Indubbiamente questa sezione risulta molto interessante dal punto di vista storico-musicale, ma è disarmante la mancanza di un metodo nell’esposizione del materiale, disperso in modo asistematico. In questo libro Kircher mostra di non riuscire a trovare la giusta dimensione espositiva e teorica nel campo della musica pratica, in quanto esamina un vastissimo repertorio di artifici contrappuntistici (intervallo fra cantus e contrapunctus, numero delle voci, contrappunti per aumentationem e per diminutionem) molti dei quali rivestono solo valore teorico perchè irrealizzabili. Va notato che nella sua symphoniurgia Kircher ignora completamente la pratica del basso continuo.
La “Synopsis artifici novi Melothetici, quo Contrapunctus quilibet perficitur” (MU A 358 e sgg.) manifesta una sconfinata fiducia nelle possibilità della combinatoria. La Synopsis si pone infatti come un metodo per realizzare contrappunti a due voci partendo da un sistema di dodici contrappunti di base che grazie alla “mira quaedam combinationum vis” (MU A 360) possono fornire ben 136 000 diverse realizzazioni. Kircher trasse ampi spunti da un trattato di Silverio Picerli, che esponeva un metodo analogo.[49]
Il culmine della speculazione combinatoria kircheriana è però costituito dalla “Tabula mirifica, omnia contrapunctistica artis arcana revelans” (MU A 363), nella quale il nostro autore espone un completo quadro sinottico dei possibili incontri armonici di tre suoni all’interno di un sistema di tre ottave, utilizzando in modo complesso una semplice tabella densa di cifre.[50] Le argomentazioni si fanno astruse e l’uso della combinatoria tocca un livello di astrattezza e di onnicomprensività cui Kircher non giungerà più nel corso dell’intera Musurgia Universalis e che sarà superato solo nel poderoso e fantastico Ars magna sciendi.
Nel capitolo intitolato “De Figuris & Tropis harmonicis in cantilenis servandis” (MU A 366) Kircher brevemente elenca e mostra un personale repertorio di figure retorico-musicali.
2.4.6 Liber VI. Organicus
In questo libro (MU A 415-530) Kircher si occupa di strumenti musicali. Molti ne descrive, altri ne inventa. Secondo una tipica tendenza barocca, troviamo i progetti di alcuni strumenti meccanici, come organi idraulici, carillons, complicati carillons di campane. Le osservazioni acustiche e organologiche di Kircher ne fanno una sezione interessante dal punto di vista storico.
Le splendide incisioni contenute in questo libro sono in gran parte copie di illustrazioni della Harmonie Universelle di Mersenne,[51] che Kircher cita numerose volte nel corso del testo.
2.4.7 Liber VII. Diacriticus
Si tratta di una delle sezioni più importanti (MU A 531-690). In primo luogo viene ripreso un tema dibattuto sin dalle pubblicazioni di Vicentino e Galilei,[52] ossia la questione sul primato fra musica antica e musica moderna.[53] Kircher con l’espressione “musica moderna” intende la musica occidentale a partire dalla formazione del canto gregoriano, in opposizione alla “musica antiqua” che risale all’antichità. Nella cornice di un mondo creato dalla potenza divina e in una dimensione storica universale e finalistica quale era quella in cui si muoveva Kircher, non era ammissibile accettare l’affermazione di una superiorità della “musica antiqua”. In realtà egli cerca di ricomporre il conflitto conferendo alla musica moderna il primato su quella antica, ma indicando quest’ultima come la migliore possibile per la propria epoca. Sono inserite in questo contesto ricerche minuziose sulla musica greca antica: tra l’altro sono riprodotte una trascrizione di un’ode di Pindaro in notazione moderna e le tabelle di corrispondenza di Alipio.[54]
Il nucleo fondamentale del Libro è però costituito dalla trattazione della musica pathetica, il linguaggio musicale degli affetti elaborato in epoca barocca. Senza dubbio Kircher è uno dei più significativi teorici in questo ambito.[55] Kircher cerca quindi di elaborare una sua personale classificazione degli stili musicali, partendo dalla distinzione fra stylus impressus e stylus expressus, cioè fra determinazione antropologica, legata alle cause naturali e al genius loci di una nazione, e determinazione poetica: istituisce così una tipologia dei generi legata alle caratteristiche strutturali di un brano.[56] Kircher distingue, secondo criteri palesemente eterogenei, nove stili diversi, corroborando la propria esposizione con ampi esempi musicali. I nove stili sono: ecclesiasticus, stile severo e maestoso capace di indurre alla preghiera e alla riflessione; motecticus, una variante del primo; _ canonicus_, canoni, in cui brilla la destrezza del compositore; _phantasticus_, stile strumentale, sulla scia della fantasia e del ricercare; _ madrigalescus_, con madrigali, arie, recitativi; _melismaticus_, con ariette e semplici melodie; _hyporchematicus_, secondo moduli di ciaccona e passacaglia; _choaraicus_, che è una variante più elementare del precedente; _symphoniacus_, strumentale, con concerti, sinfonie, sonate; _dramaticus_, ovvero il recitativo teatrale, più prossimo all’espressione dei moti dell’animo.
Kircher fornisce a supporto della sua esposizione molte citazioni di materiale dei compositori attivi a Roma in quell’epoca, con osservazioni sulla vita musicale romana nella prima metà del XVII secolo che ci offrono interessanti osservazioni sulla prassi esecutiva dell’epoca.
2.4.8 Liber IX. Magicus
In questo libro (MU B 200-363) Kircher si occupa, spesso in modo fantasioso, dei misteri più meravigliosi della musica. La trattazione della Magia Musurgoiatrica (MU B 213-230), circa la cura delle malattie con la musica, non solo dei tarantolati ma addirittura degli appestati, raggiunge estremi decisamente assurdi, anche se alcune riflessioni non devono essere rifiutate, stante le ultime ricerche di musicoterapia.[57]
Seguono poi una sezione dedicata ai miracoli operati dalla musica, la “Teratologia Musica sive de Portentosis Sonis” (MU B 230-236), e una dedicata allo studio dell’eco, “Magia Phonocamptica sive De reflexae vocis, mirandis Operibus, effectibusque” (MU B 237-308) ricca di indicazioni pratiche per ottenere ambienti dotati di particolari requisiti acustici.
La quinta parte del libro, “Musurgia Thavmatvrga, sive De omnis generis Instrumentis Musicis Automatis, siue Autophonis” (MU B 308-359) è un manuale che insegna la costruzione di strumenti musicali automatici o genericamente meccanici. Nell’ultima parte “Cryptologia Mvsvrgica, sive Ars Steganografica” (MU B 360-363) trova spazio un metodo di scrittura segreta basato sull’uso delle note musicali.
2.4.9 Liber X. Analogicus
Reca il titolo completo di “Decachordon Natvrae, sive Organum Decaulum, qvo Naturam rerum in omnibus ad Musicas & harmonicas proportiones respexisse, atque adeo Naturam universi nil aliud nisi Musicam perfectissimam esse ostenditur” (MU B 364-462) e rappresenta una delle più importanti testimonianze della concezione barocca dell’armonia delle sfere.[58] Kircher crea un complesso sistema cosmologico affermando che l’intera costruzione del mondo è determinata da un’intima armonia di tutti gli esseri fra di loro, armonia che dal microcosmo risale sino al cosmo tutto, il cui supremo accordatore è Dio stesso:[59] in dieci capitoli vengono esaminati i rapporti fra Dio, gli angeli, gli uomini e il mondo.
2.5 Musurgia Universalis: genesi e diffusione
Kircher già molti anni prima della stesura della Musurgia Universalis si era applicato in vario modo allo studio dei fenomeni musicali. Aveva condotto ricerche sulla propagazione dei suoni durante il suo soggiorno a Magonza (ne riferisce in MU A 210) proseguendole poi ad Avignone (MU B 265), utilizzando le mura di fortificazione per esperimenti sulla riflessione del suono, e quindi a Roma nella cupola di San Pietro (esperienze di cui Kircher parla in MU B 266, 275, 297).
Uno scritto di Kircher a Doni contiene una delle prime allusioni alla Musurgia Universalis.[60] La lettera riporta la data del 17 dicembre 1641: in realtà dovrebbe trattarsi di una testimonianza posteriore. Nel 1641 Kircher aveva pubblicato la Ars Magnetica,[61] cui seguì nel 1646 la Ars Magna Lucis et Umbrae:[62] in base a varie considerazioni Scharlau ritiene che Kircher si sia dedicato alla stesura della Musurgia solo dopo il 1644:[63] durante questo periodo egli si tenne in corrispondenza con numerosi dotti e musicisti,[64] cui richiedeva consigli e spiegazioni: il gesuita Jacobus Viva, nella prefazione alla Musurgia (“Benevolo lectori”, MU A XXI) afferma che “nonnisi tamen post innumeras consultationes cum peritissimis quibusuis rei Musicae Magistris […] publici iuris fecit”. Da numerose lettere, come evidenzia Scharlau,[65] emerge inoltre che Kircher prima di dedicarsi alla stesura definitiva della Musurgia Universalis realizzò una Synopsis Musurgiae, un riassunto che inviò a numerosi dotti, non solo in Italia ma anche all’estero, per averne un giudizio. La stesura della redazione definitiva dell’opera impegnò Kircher negli anni 1648 e 1649.[66]
Ludovico Grignani, specializzato anche in stampa musicale, si occupò della stampa di entrambi i tomi.[67] Il costo dell’opera, particolarmente gravoso a causa delle numerose incisioni necessarie per riprodurre gli esempi musicali, fu sostenuto dal supporto finanziario dell’imperatore Ferdinando III e di suo fratello l’arciduca Leopoldo Guglielmo, cui la Musurgia è dedicata.
Grazie ad una circostanza favorevole si possono avere indicazioni relativamente precise circa il numero e la diffusione degli esemplari stampati della Musurgia Universalis: Kircher ne riassunse infatti i movimenti in un abbozzo di lettera,[68] destinata ad un anonimo libraio di Amsterdam che intendeva acquistare le copie giacenti dell’opera. Complessivamente furono stampate 1500 copie della Musurgia, e di queste 120 furono regalate e altre 50 spettarono all’imperatore e all’arciduca; 25 esemplari furono venduti in Inghilterra,[69] 15 in Spagna, 12 in Francia e 250 in Italia. Trecento esemplari furono distribuiti ai Padri della Compagnia giunti nel 1650 a Roma da ogni parte del mondo in occasione dell’elezione del nuovo Generale dell’Ordine, in quanto Vincenzo Caraffa, Generale dal 1646, era morto l'8 giugno 1649. Grazie ad essi la Musurgia Universalis ebbe una rapida diffusione in tutto il mondo tramite le missioni gesuite: la notorietà di Kircher, peraltro già notevole, crebbe immensamente, soprattutto grazie all’interesse suscitato dal contenuto dell’ottavo libro, la musurgia mirifica. Nel successivo capitolo vedremo in che misura il progetto della Musurgia mirifica sia stato motivato dalle esigenze delle missioni.
In totale le copie distribuite furono 822: per quanto riguarda il destino dei rimanenti 678 esemplari della Musurgia sappiamo che vennero offerti per 25 scudi insieme ad alcuni esemplari dell' Obeliscus Pamphilius.[70]
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