8. Pars III: la missione

8.1 Panglossia Musurgica

Nel secondo capitolo di questo studio abbiamo visto come Kircher, nella prefazione all’ottavo libro, abbia affermato di aver inteso fornire con la musurgia mirifica un aiuto all’attività dei missionari gesuiti sparsi per il mondo, i quali sarebbero stati molto avvantaggiati nell’opera di proselitismo dalla possibilità di musicare canti devozionali nelle lingue dei vari popoli con cui venivano in contatto.[223]

Nel settimo capitolo dell’ottavo libro della Musurgia Universalis Kircher ha inteso fornire una dimostrazione dell’efficacia della musurgia mirifica e della fondatezza di quel proposito: perciò tale capitolo si intitola “Panglossia Musurgica”, espressione che possiamo tradurre come “capacità di comporre musica adattandola a tutte le lingue del mondo”. Kircher utilizza una serie di testi fornitigli dai missionari della Compagnia, e presenta esempi in diverse lingue: ebraico, siriaco, arabo, samaritano, etiope, armeno, greco; non mancano lingue occidentali più comuni come l’italiano, lo spagnolo, il francese e il tedesco. In questo modo egli ritiene di avere esaurito il numero dei principali idiomi;[224] afferma inoltre di non aver potuto addurre esempi nelle lingue delle Americhe per carenza di informazioni.[225]

Per quanto riguarda i testi musicati, esaminando le traduzioni latine fornite dallo stesso Kircher possiamo dire che si tratta di brevi componimenti dal carattere devozionale o moralistico. Sarebbe del tutto inutile uno studio specifico il quale, partendo dal testo, ne considerasse le caratteristiche peculiari e individuali sul piano del significante, ricercando eventuali rapporti di dipendenza fra le strutture fonologiche e le strutture musicali: i brani che Kircher ha elaborato non sono per nulla influenzati dalla diversa struttura delle varie lingue scelte, come mostrerà meglio il semplice esame di alcuni esempi musicali.

Kircher ritiene che, ai fini della musurgia mirifica, non esista differenza che nasca dalla diversità fonologica fra le lingue: al contrario egli è convinto che tutte le lingue possano essere considerate simili da un punto di vista ritmico-prosodico dal momento che in tutte esistono sillabe accentate e sillabe atone, pur nella diversità di distibuzione di tali accenti:[226] questa diversità comunque non impedisce che esse possano essere descritte utilizzando il bagaglio della metrica classica.

Esaminando i saggi musicali della “Panglossia Musurgica” emerge un dato ancor più significativo, che mette in luce i limiti della concezione di Kircher: sebbene le varie lingue scelte appartengano a sfere culturali molto diverse e lontane fra loro, egli le ha inserite tutte nella cornice musicale dello stile barocco italiano. Da parte di Kircher non si nota la minima preoccupazione per le realtà musicali che i Padri gesuiti incontravano in terra di missione: il rispetto gesuita per la cultura dei popoli con cui venivano in contatto, rispetto finalizzato a favorire l’opera di proselitismo, viene contraddetto nella visione di Kircher da una sorta di “colonialismo” musicale. Così facendo il nostro autore si pone in contraddizione anche con se stesso, perché altrove (MU A 543) egli aveva sostenuto la relatività del fenomeno musicale, che è “unicuique nationi proprius”.[227] Il tener conto di questo dato avrebbe compostato l’elaborazione di una versione molto più sofisticata della musurgia mirifica.[228]

8.1.1 Melothesia Hebraica e Melothesia Arabica

Esamineremo brevemente due saggi musicali della “Panglossia Musurgica”, a conferma di quanto concluso nella precedente sezione. Si tratta della “Melothesia Hebraica"e della “Melothesia Arabica”.

La musica ebraica è l’erede di una lunga tradizione, [229] di cui lo stesso Kircher si è interessato nel corso del secondo libro della Musurgia Universalis (MU A 43-79), dedicato alla “philologia de Musica Hebraeorum”.[230]

Nel saggio musicale (MU B 128: si veda Appendice CVI) su testo ebraico della “Panglossia Musurgica” egli sceglie però uno stile musicale basato sul metro iambicum archilochicum in regolare contrapunctus simplex nel tono hypodorius (Re minore armonica). Non ci sono particolarità nella condotta armonica, anche se i musarithmi utilizzati non sono tratti dal pinax relativo, contrariamente a quanto afferma Kircher. L’armonia è ancor più semplice, utilizzando in tutti i quattro musarithmi sempre accordi sul primo, quarto e quinto grado, evitando passaggi impostati su gradi intermedi.

L’unico particolare curioso di questa melothesia è legato al fatto che l’ebraico, al contrario delle lingue occidentali, viene scritto da destra verso sinistra: per adattare la musica al testo Kircher ha disposto le note in modo che il modo corretto di esecuzione del brano sia per moto retrogrado, leggendo anche la musica da destra verso sinistra.

Ugualmente composta secondo un regolare contrapunctus simplex è la “Melothesia Arabica” (MU B 133; Appendice CVII): il tono è il dorius. Kircher ha utilizzato per questo brano i musarithmi I-7, II-7, III-7 e IV-7 del quarto pinax (“Iambica Euripedaea penultima longa”), che non presentano caratteristiche particolari tali da distinguerli dagli altri: il primo verso inizia con accordi perfetti sul primo grado, passa al quinto e si conclude con una cadenza sul primo grado; le due strofe centrali utilizzano accordi sul terzo e sul secondo grado, conclusi da una cadenza sospesa sul quinto grado; il musarithmus per l’ultimo verso si conclude con una cadenza perfetta articolata dal quarto al quinto e poi al primo grado.

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Ci sembra opportuno riprendere una citazione già utilizzata: “Certe ad arcanum hoc publicandum multum potuere Patrum nostrorum in remotissimas terrarum Indias commigrantium vota, & efficax deprecatio: Cum enim barbarorum hominum attrctio in musici exercitij laudumque diuinarum frequentatione consistat, neque sempre “ibri impressi, aut compositoes adsint; maxime hanc Musurgiam ijs usui futuram credebant, cum hac non desideratas tantum cantilenas, in latina lingua, sed & quacunque proposita lingua, etiam Indici, & quantumuis barbari idiomatis sint effecturi” (MU B 2).

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“Hoc loco Asiae, Africae, & Europae praecipuas & Orientales linguas […] adducere volui” (MU B 141).

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“Linguas vero Americanas non adduco cum earum notitiam non habeam” (ibidem).

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“Nam haec [l’accento tonico] totum humanae sermocinationis negotium dirigit […]. Omnes gentes, & nationes, suos proprios accentus habent nationis proprios, & quo a coeteris gentibus distinguantur.” (MU B 29).

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“Suppono itaque primo, stylum musicae alicui loco usitatum, naturalem complexionem hominum, & particularis alicuius regionis constitutionem consequi.” (MU A 543).

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Cfr. Ulf Scharlau, Athanasius Kircher (1601-1680) als Musikschriftsteller [op. cit., p. 211.]

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Cfr. Edith GERSON-KIWI, “Musica Ebraica”, in Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, Torino, UTET, 1983, “Il lessico”, vol. II, pp. 95-100.

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Si vedano soprattutto MU A 64-65.

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